F1: l’analisi tecnica che annoia

Analisi tecniche in F1: un modello inflazionato che accontenta una ristretta nicchia di appassionati. Utilità? A voi il giudizio

Quando si parla di Formula 1 è inevitabile incontrare una lunga serie di termini tecnici necessari a raccontare gli avvenimenti di un GP.

La categoria apicale nel mondo del motorsport può essere ritenuta uno sport da “nerd” in quanto è abbastanza difficile da seguire una gara completa comprendendo cosa accade in ogni stint.

Con Liberty Media, il Circus sta accogliendo nuovi fan, grazie a una strategia mirata a svecchiare lo sport rimuovendo quella patina cervellotica che spesso allontanava l’avventore.

Il registro linguistico dell’esperto di Formula 1

Il fan della Formula 1 lo riconosci immediatamente da due semplici dettagli:

  1. Indossa spesso cappellini di team che non si vedono più da decenni;
  2. Cerca di spiegare la F1 ai suoi amici, senza successo.

Il secondo punto è un vero dramma, poiché raccontare la F1 a un profano è una notevole impresa, a causa di una serie di tecnicismi difficilmente comprensibili a chi non mastica Motorsport.

Anziché sbattersi a indicare sullo schermo di Leclerc per mostrare il graining, ogni conversazione finirà col ridursi al solito:

Che fa la Ferrari?

Schifo.

Ingegneri di pista e incredibili strateghi

Un po’ come quelli che giudicano la ginnastica artistica seduti sul divano con un pacco di patatine, i fan della F1 amano criticare:

Il tutto avendo, come unica esperienza di guida sportiva, quella volta in cui bruciarono la frizione tornando dalla braciata di ferragosto in montagna.

Quindi sorge spontaneo un dubbio: ci capiscono davvero così tanto?

Serve davvero essere esperti? La generazione Drive to Survive

Mentre le testate si riempiono di lunghissimi spiegoni, infografiche, analisi onboard, statistiche, telemetrie e disegni tecnici, la domanda da farsi è: gli spettatori capiscono davvero tutte ste robe?

Nel 90% dei casi, assolutamente no e il restante 10% finge.

La F1 si sta adeguando al suo nuovo pubblico, il quale è interessato solo al drama e, in una F1 in cui (grazie a un notevole e costante impegno in materia di sicurezza) non si verificano più tragedie in pista e la lotta per il mondiale si riduce a un semplice passaggio di consegne da un dominio all’altro, ecco che il drama va inventato.

Qui entra in gioco Drive to Survive, una serie “documentaristica” sulla F1 in grado di svelare diversi aspetti del Circus che non emergono dalle riprese della regia internazionale.

Il prodotto finale è una serie TV in grado di fare una “narrazione pop” basata su inesistenti duelli fratricida nei team, montaggi ad arte delle conferenze stampa e Gunther Steiner che fa il Germano Mosconi della situazione.

Meno male che DtS c’è.


Foto di Michael Kastelic da Pixabay

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