Ieri è arrivata la conferma ufficiale: Renault ha dismesso il programma Formula 1. La sede di Viry-Châtillon sarà riconvertita per altri scopi, dato che alla fine del 2025 non si produrranno più power unit per la massima categoria del motorsport. Una notizia che era nell’aria da mesi, con numerose conferme in tal senso, “venduta” con un certo sensazionalismo che or fa sorridere. Ma questo è un altro discorso.
Quel che non è ancora certo è che Alpine utilizzerà i motori Mercedes. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un altro segreto di Pulcinella, poiché l’accordo si farà e probabilmente sarà ratificato a breve. Per la Francia del motorsport, questa è una sconfitta cocente.
Dopo aver perso il Gran Premio di casa, la cui ultima edizione si è tenuta nel 2022 (vinta da Max Verstappen dopo l’errore clamoroso di Charles Leclerc, lo ricorderete), i nostri cugini transalpini alzano bandiera bianca e si ritirano dalla sfida tecnica, limitandosi alla gestione della sola scuderia.

F1 – L’addio di Renault è una sconfitta per la Francia
La cura De Meo – Briatore ha sortito finora effetti assai discutibili, e in Francia i due non sono propriamente visti di buon occhio, considerando i recenti sviluppi. Alpine, fiore all’occhiello del programma sportivo della Renault, è diventata una costola dolente, quasi una palla al piede, che nel tempo potrebbe addirittura portare alla cessione.
Si ricordi che all’interno del team sono entrati altri investitori che detengono una buona fetta delle azioni: Otro Capital, RedBird Capital Partners e Maximum Efforts Investments. Soggetti che potrebbero tentare la scalata, approfittando del clima di semi-dismissione che si respira a Enstone.
Il passo indietro di Renault è una sconfitta anche per la F1
Ma non perde solo la Francia in questo scenario, ne esce sconfitta anche la Formula 1 nel suo insieme. Ricordiamo che il Circus ha approvato, sebbene con difficoltà, la difesa strenua del modello a dieci squadre, sbattendo letteralmente la porta in faccia al gruppo Andretti, che aveva superato tutti i paletti imposti dalla Federazione Internazionale.
Al momento di varcare le soglie della gloria, è intervenuta la FOM, quindi Liberty Media, a sostenere che il gruppo americano non soddisfaceva i requisiti commerciali e che la sua presenza avrebbe spezzato il cerchio magico delle “10 sorelle”, diluendo la capacità di generare profitto di un paradigma difeso in maniera dogmatica. Tuttavia, ciò che Andretti potrebbe portare, specie adesso, rappresenterebbe una vera e propria iniezione ricostituente per la Formula 1.
Andretti è andato avanti per la sua strada, non ha dismesso il programma di Formula 1 come ha fatto Renault. Ha creato una sede a Silverstone e sta conducendo una grande campagna acquisti per formare un team solido, pronto a debuttare – se i “padroni del vapore” cambieranno idea – già dal 2027. Ricordiamo che dietro agli statunitensi c’è Cadillac. Inizialmente General Motors intendeva introdursi nel gioco con un motore già esistente (c’era addirittura un precontratto con Alpine), per poi scendere in campo dal 2028 con i propri propulsori.
Questo programma non è stato abbandonato, e ora la Formula 1, che aveva spacciato i nuovi regolamenti come un “otre di miele” che avrebbe attirato i costruttori-orsi, potrebbe aver bisogno proprio di quel sesto soggetto che ha salutato la compagnia, aprendo più di una falla nell’idea che le architetture motoristiche definite per il prossimo futuro possano avere un impatto sulla produzione stradale.

La F1 ha bisogno di Andretti, ma soprattutto di Cadillac
Le prospettive si sono completamente ribaltate dopo il commiato dei transalpini. Rispetto allo schema attuale non cambia molto: esce Renault ed entra Audi. Certo, c’è il reparto powertrains della Red Bull come nuovo soggetto, ma non parliamo di un gruppo con una casa automobilistica alle spalle, bensì di un team che cerca di costruire in proprio i propulsori, sfruttando la pluriennale collaborazione con Honda che tra poco più di un anno sarà fornitore esclusivo di Aston Martin.
Quella Formula 1 multisfaccettata, iper-competitiva e composta da molti soggetti postulata da Liberty Media non può prescindere dalla presenza di un altro grande gruppo industriale. General Motors, americana come la proprietà della serie, rappresenta in questo momento un’opzione d’oro da contemplare. Pertanto, è possibile immaginare che le squadre in griglia possano rivedere le loro rigide posizioni su un eventuale allargamento a 11 soggetti.
In un calendario sempre più compresso e con una distribuzione degli eventi sempre più capillare, c’è sicuramente spazio per un’altra scuderia, e soprattutto per un nuovo motorista, che possa portare la sua visione, le sue competenze e aumentare il livello di competitività generale della categoria. Questo andrebbe incontro anche alle richieste di Liberty Media, che da anni parla di una Formula 1 più varia e imprevedibile, ma che, di fatto, continua a difendere strenuamente il modello delle 10 squadre: chiusura mentale.

Gli ultimi sviluppi in casa Alpine dimostrano che anche quel monolitico blocco che ci viene raccontato dai guru dell’intrattenimento, rappresentati da Stefano Domenicali, presenta delle piccole crepe che col tempo potrebbero aprirsi in spaccature fatali. Il nuovo Patto della Concordia è in fase di definizione, dato che sono iniziate le trattative per redigere il testo che regolerà i rapporti tra le squadre e la FOM, documento che deve essere completato entro il 2026.
In questo contesto, il gruppo Andretti potrebbe inserirsi. Più che fare pressione da pianeta esogeno, Andretti potrebbe diventare un polo di attrazione, utile a salvare il modello che Liberty Media ha in testa. Con questo scritto non stiamo dando una notizia, ma postulando uno scenario che potrebbe concretizzarsi nei prossimi tempi, poiché le prospettive si sono completamente ribaltate: oggi è la Formula 1 ad aver bisogno di Andretti-Cadillac.
Crediti foto: Andretti, Renault