A Shanghai è iniziata la terza edizione della F1 Academy, categoria propedeutica riservata alle donne, voluta da Susie Wolff dopo il fallimento delle W Series nel 2022.
L’obiettivo di questa categoria, che da un lato offre un’opportunità alle donne ma dall’altro le isola in un circuito separato dagli uomini, è quello di dare loro un futuro nel motorsport, con il sogno – ancora lontano – di vederle un giorno in Formula 1.
Ad oggi, però, la F1 Academy riceve più critiche che elogi, e la sua comunicazione sui social lascia a desiderare. Un esempio emblematico è quanto accaduto in Gara 1 a Shanghai, dove la griglia invertita ha portato Nina Gademan, pilota dell’Alpine, a partire dalla pole position solo per aver chiuso ottava in qualifica. Un dettaglio tecnico che i social della categoria hanno presentato come un “risultato” della pilota, generando non poche perplessità.
Sin dai tempi delle W Series, le critiche sono state numerose. Sophia Flörsch, pilota tedesca oggi in Indy NXT e prima donna a ottenere punti in F3 nel 2023, ha definito questo tipo di campionati uno strumento di “pinkwashing“, utile più a chi li promuove che alle pilote stesse. Secondo lei, gareggiare in una categoria separata, con monoposto (Tatuus F4-T421) significativamente più lente di quelle di F1, rappresenta una sorta di “esibizione” che limita le opportunità di crescita professionale.

Anche Pippa Mann, pilota britannica con un passato in IndyCar, ha espresso perplessità, definendo questi progetti una forma di “segregazione”. Secondo lei, invece di confinare le donne in una nicchia, bisognerebbe investire concretamente per permettere loro di competere contro i migliori piloti, uomini inclusi, nelle categorie principali del motorsport.
Questo crea una netta discrepanza tra le ambizioni delle pilote e la struttura della F1 Academy. Le protagoniste di questo campionato dichiarano di voler competere in contesti aperti e realmente sfidanti, non essere relegate a una “vetrina rosa”.
Sebbene la F1 Academy non sembri destinata a un fallimento economico immediato grazie al supporto della Formula One Group e di Liberty Media, condivide con le W Series un problema di fondo: non integra le donne nel motorsport mainstream, ma le isola in una categoria percepita come inferiore.
Ad oggi, questa competizione tutta al femminile sembra servire più a migliorare l’immagine della F1 che a cambiare le dinamiche di un ambiente ancora dominato dagli uomini.
La FIA e la F1, a mio parere, dovrebbero riformare le categorie propedeutiche, introducendo una sorta di quota rosa in F2 e F3, incentivando i team a dare concrete opportunità alle donne. Si potrebbe obiettare che ciò metterebbe in discussione la “meritocrazia”, ma la verità è che in F1 la meritocrazia è spesso più legata ai soldi che ai risultati in pista.
Senza un impegno reale per abbattere le barriere strutturali e culturali, iniziative come questa rimarranno puramente simboliche, incapaci di trasformare il sogno di una F1 davvero inclusiva in realtà.
Crediti foto: F1 Academy