Il mondiale non è ancora iniziato, i test invernali scatteranno tra poco più di un mese (leggi le date), le presentazioni delle vetture non sono imminenti, ma il nuovo ciclo tecnico è già entrato nella sua fase più controversa: quella dell’interpretazione regolamentare. A far detonare le prime tensioni è una disputa tra i produttori di power unit sul tema del rapporto di compressione dei cilindri, un dettaglio tutt’altro che marginale, che tocca il cuore dell’efficienza termica dei motori di F1 2026 e che potrebbe fare una bella differenza laddove conta: sul cronometro.
F1 2026: fatta la legge, trovato l’inganno
Secondo quanto riportato dalla testata tedesca Motorsport Magazin, Mercedes – e forse anche Red Bull Powertrains, che dal 2026 opererà in autonomia con il supporto di Ford – avrebbero individuato una soluzione capace di aggirare, o per meglio dire di interpretare in maniera più spinta, i vincoli previsti dal punto 5.4.3 del regolamento tecnico. L’idea, tanto raffinata quanto controversa, consisterebbe nell’aumentare il rapporto di compressione in condizioni di esercizio, facendo però rientrare il valore nei parametri consentiti quando il motore è spento e misurato a temperatura ambiente. Formalmente legale, sostanzialmente discutibile.

Audi, Ferrari e Honda all’attacco
Ferrari, Audi e Honda non sarebbero rimaste a guardare. Le tre case avrebbero già sollecitato un intervento della FIA e sarebbero pronte a presentare una protesta formale già a Melbourne, richiamando il punto 1.5 del regolamento tecnico, quello che stabilisce un principio tanto semplice quanto dirimente: le vetture devono essere pienamente conformi in ogni momento della competizione. Non solo durante le procedure di verifica, ma anche – e soprattutto – quando sono in pista.
Il regolamento, del resto, è piuttosto chiaro nella sua formulazione: “Nessun cilindro del motore può avere un rapporto di compressione geometrico superiore a 16.0. La procedura per misurare questo valore sarà specificata da ciascun produttore di power unit in base al documento guida FIA-F1-DOC-C042 e eseguita a temperatura ambiente”. Ed è proprio qui che si annida la zona grigia. La norma definisce il limite, ma lega la misurazione a una condizione statica che non riflette lo stato reale del motore in esercizio.

La posizione della Federazione
La risposta della FIA, affidata a un portavoce, conferma implicitamente la complessità del tema: “La dilatazione termica può influenzare le dimensioni a temperatura di esercizio, ma le normative attuali non richiedono misurazioni a temperature elevate. La questione continuerà a essere discussa nei forum tecnici con i produttori di motori. La FIA esamina costantemente tali questioni per garantire equità e chiarezza. In futuro potrebbero essere prese in considerazione modifiche ai regolamenti o alle procedure di misurazione”. Una dichiarazione che, più che spegnere il fuoco, rischia di alimentarlo.
Zone grigie: bravo chi le sfrutta
Il punto centrale, però, va oltre il singolo caso tecnico. Le zone grigie esistono da sempre in Formula 1 e non rappresentano una deviazione dal sistema, ma una sua componente strutturale. Vince chi sa interpretarle meglio, chi riesce a spingersi fino al limite senza oltrepassarlo. Chi resta indietro, spesso, non perde in silenzio: protesta, chiede chiarimenti, invoca interventi correttivi. È sempre stato così.
Il problema nasce quando queste dinamiche esplodono prima ancora che il campionato abbia inizio, in un contesto che avrebbe bisogno di stabilità per accompagnare una transizione tecnica epocale. Se già in fase di avvio si parla di proteste, di soluzioni borderline e di regolamenti potenzialmente da riscrivere, significa che qualcosa nel processo di governance non ha funzionato come avrebbe dovuto.

La FIA si trova ancora una volta nella posizione scomoda di arbitro chiamato a decidere dopo che la partita è già iniziata. O sta per iniziare, come nel caso di specie. Monitorare, discutere nei forum tecnici, valutare modifiche future: tutto legittimo, ma forse insufficiente. Perché il rischio è che la nuova era dei motori 2026 venga percepita fin dall’origine come un terreno instabile, segnato da sospetti e interpretazioni divergenti.
Non è un bel modo di inaugurare un nuovo ciclo tecnico. La Formula 1 avrebbe bisogno di certezze, non di polemiche preventive. E invece, ancora una volta, il mondiale deve fare i conti con un regolamento che promette chiarezza, ma genera conflitto ancor prima che il semaforo si spenga.
Crediti foto: F1, Honda, Scuderia Ferrari HP
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