Nel sottobosco tecnico della Formula 1 che verrà, quella del grande reset regolamentare, sta emergendo una di quelle dinamiche note e che periodicamente tornano a far discutere: il confine, spesso labile, tra innovazione lecita e presunta furbizia regolamentare. Al centro della questione, come ormai noto, ci sarebbero Mercedes e Red Bull Powertrains, accusate informalmente da alcuni rivali di aver individuato e sfruttato una “scappatoia” nei rapporti di compressione dei cilindri delle nuove power unit.
La storia, per come è filtrata negli ambienti tecnici, parla di un potenziale vantaggio nell’ordine dei quattro decimi al giro, un’enormità se proiettata su un regolamento che nasce con l’obiettivo dichiarato di ridurre i divari prestazionali e rendere il motore elettrico e quello termico più equilibrati. Un vantaggio che, secondo quanto riferito da spifferi che piano piano diventano tormente di vento, deriverebbe dall’adozione di un particolare metodo di aumento del rapporto di compressione, già sottoposto all’attenzione della FIA e regolarmente omologato.
Questo punto è delicato e spesso volutamente ignorato nel dibattito più superficiale: la Federazione non solo è a conoscenza della soluzione tecnica, ma probabilmente ne ha certificato preventivamente la conformità al quadro normativo attuale. Non saremmo dunque di fronte a un’irregolarità, né tantomeno a un’infrazione mascherata, bensì a un’interpretazione avanzata del regolamento tecnico 2026, applicata in modo tempestivo.

F1 2026: qualcuno è stato troppo conservativo?
Il malumore di Ferrari, Honda e Audi nasce proprio da qui. Non tanto dall’idea che Mercedes e Red Bull abbiano “aggirato” le regole, quanto dal fatto di non aver individuato per tempo quello stesso margine di manovra. Red Bull Powertrains, forte anche dell’apporto di figure provenienti dall’universo Mercedes, avrebbe già iniziato a implementare la soluzione, segno evidente che la convergenza tecnica tra le due realtà non è casuale ma frutto di un patrimonio di conoscenze condivise e di una lettura comune del regolamento.
La FIA, dal canto suo, ha adottato una posizione che rientra perfettamente nella sua prassi storica: riconoscere la legittimità della soluzione e, parallelamente, lasciare intendere che in futuro potrebbero esserci aggiustamenti normativi o una revisione dei metodi di misurazione. Tradotto: oggi è legale, domani potrebbe non esserlo più. Ma – ed è questo il dettaglio che conta – qualsiasi intervento correttivo difficilmente vedrà la luce prima del 2027. Il che rende l’intera stagione 2026 terreno libero per chi ha saputo muoversi meglio tra le pieghe del regolamento.

La F1 è una sfida tra esperti di diritto tecnico
È qui che cade definitivamente la tesi dell’illecito. La Formula 1 moderna non è più soltanto una sfida tra ingegneri, ma un ecosistema complesso in cui competenze tecniche, legali e regolamentari si intrecciano in modo strutturale. I team all’avanguardia dispongono di veri e propri staff di esperti di diritto con competenze tecniche, professionisti che lavorano fianco a fianco con progettisti e motoristi per “spulciare” ogni articolo del regolamento, ogni definizione, ogni metodo di controllo, alla ricerca di loophole sfruttabili senza violare formalmente la norma.
È un lavoro certosino, spesso invisibile, ma determinante. Ed è esattamente ciò che Mercedes e Red Bull hanno fatto. Non hanno barato, non hanno nascosto soluzioni illegali, non hanno forzato controlli ambigui. Hanno semplicemente letto meglio il regolamento, individuato una zona grigia lasciata colpevolmente aperta dal legislatore e l’hanno trasformata in prestazione. Sempre che tutto sia confermato.
Chi oggi protesta, in realtà, sta pagando un ritardo concettuale prima ancora che tecnico. Perché in Formula 1 non vince chi si limita a rispettare le regole in senso passivo, ma chi le comprende fino in fondo, anticipandone le conseguenze e sfruttandone le ambiguità. È sempre stato così, dalle sospensioni attive agli scarichi soffianti, passando per i doppi diffusori e le mappature ibride più controverse.
La conclusione, dunque, è meno scandalistica di quanto qualcuno vorrebbe far credere. Con ogni probabilità c’è nessun illecito all’orizzonte, né un complotto tecnico ai danni dei costruttori più indietro. C’è, semmai, l’ennesima dimostrazione che la Formula 1 resta un campionato per strutture d’eccellenza, dove dormire sul regolamento equivale a condannarsi all’inseguimento. E dove l’errore non è trovare una scappatoia, ma non cercarla affatto.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing, Mercedes-AMG Petronas F1 Team
Seguici e commenta sul nostro canale YouTube: clicca qui



