La Formula 1 non è ancora scesa in pista e il nuovo ciclo regolamentare 2026 – 2030, una serie di norme stravolgenti e a quanto pare altamente interpretabili, è già arrivato alla sua prima, vera, resa dei conti. Ciò che lascia basiti è che lo scontro non riguardi un’interpretazione marginale o una zona d’ombra aerodinamica, bensì il cuore stesso del paradigma: il motore. Quando ancora mancano poche settimane al debutto delle nuove monoposto (leggi il calendario dei test invernali), il confronto tra costruttori e Federazione Internazionale dell’Automobile ha già assunto i contorni di una battaglia di posizione che rischia di segnare l’intero quinquennio del ciclo regolamentare.
Le parole pronunciate da Frédéric Vasseur nell’intervista a “L’Équipe” assumono, alla luce degli sviluppi successivi, un peso che va ben oltre la semplice prudenza regolamentare. “Immaginate di avere un’idea brillante per l’alettone anteriore. Siete pieni di entusiasmo e pensate: ‘Questo volerà’. Costruite la vostra auto attorno a quest’ala e a questa idea. E poi, a dicembre, arrivano i ragazzi della FIA e vi dicono: ‘No, è proibito! Avete dimenticato l’articolo 56.B, paragrafo 3’. La vostra auto è distrutta. Lo stesso vale per il motore. Quando avete un’idea, dovete assicurarvi che sia legale”.
Il team principal della Ferrari descrive uno scenario che in Formula 1 è sempre stato temuto: investire risorse, tempo e capitale umano su un’idea considerata geniale, costruire l’intero progetto attorno a essa e scoprire solo in un secondo momento che quella soluzione non è conforme al testo regolamentare di riferimento. Se questo è devastante per un’ala anteriore, lo è in modo esponenziale per una power unit, dove le scelte concettuali si trascinano per anni e sono quasi impossibili da ribaltare senza pagare un prezzo enorme in termini di prestazione.

F1 2026, Ferrari vuole vederci chiaro sulle power unit
Il messaggio di Vasseur non è casuale. Ferrari ha deciso di attaccare ora, prima che la stagione inizi, perché sa perfettamente che il momento per intervenire è questo. Ma se la FIA dovesse confermare la piena legittimità delle soluzioni adottate da Mercedes e Red Bull (sono queste le realtà indiziate di “giocare” coi rapporti di compressione della parte endotermica del 6 cilindri di nuova generazione, ndr), la Scuderia rischierebbe di trovarsi con il cerino in mano: un progetto motore sviluppato lungo una filosofia diversa, improvvisamente svantaggiata, e l’obbligo di inseguire in un ambito dove la rimonta è storicamente lenta, complessa e costosa.
Il nodo tecnico, legato al rapporto di compressione e alle soluzioni adottate a Brixworth (ripetiamo, si parla di voci, nulla è confermato), è solo la superficie di un problema più profondo. Se Mercedes fosse costretta a intervenire in extremis con modifiche correttive, come la riduzione del movimento verso l’alto del pistone per abbassare il rapporto di compressione, andrebbe quantificato il danno. Che potrebbe anche essere relativo.
Una power unit concepita fin dall’inizio attorno a un certo paradigma potrebbe in ogni caso rimanere strutturalmente più efficiente di un motore adattato in corsa per rientrare nei parametri più efficaci. Cosa che potrebbe accadere alla Ferrari (e agli altri) se la FIA non verificasse illeciti. Maranello lo sa, ed è per questo che insiste ora, quando un chiarimento regolamentare può ancora rimettere tutti sullo stesso piano di partenza.
Nel caso in cui la FIA scelga la via della continuità e della stabilità politica, avallando quanto già sviluppato da alcuni competitor, qualsiasi ricorso successivo – anche alla vigilia del Gran Premio d’Australia – diventerebbe più uno strumento di pressione che una reale possibilità di ribaltare la situazione. Bloccare o modificare un motore che equipaggia quattro team a pochi giorni dalla prima gara sarebbe un precedente pesantissimo e questo è un argomento che al Mercedes High Performance Powertrains di Brixworth conoscono bene e che non mancheranno di utilizzare.

F1 2026: il campionato dei ricorsi?
Il punto centrale, però, va oltre il singolo caso. Il 2026 si preannuncia come un campionato in cui le controversie tecniche saranno sistemiche. Oggi si parla solo di motori perché è l’elemento più sensibile e meno visibile. Nl futuro imminente, già durante i test del di Montmelò, emergeranno inevitabilmente nuovi “trucchi” aerodinamici o soluzioni di integrazione telaio – power unit che scateneranno le stesse dinamiche: proteste, richieste di chiarimento, pressioni sulla FIA perché si pronunci in tempi rapidissimi.
Un po’ come quanto accadde nel 2022 quando la Stella a Tre Punte, nella seconda tornata di prove invernali del Bahrain, introdusse la W13 zero sidepod che lasciava esposti i coni antintrusione, soluzione che fece andare su tutte le furie la Red Bull e la Ferrari che mitigarono le proprie proteste presso gli uffici tecnici solo quando si avvidero che quella vettura non avrebbe mai potuto lottare per il titolo. Perché un’intuizione, si sa, spaventa solo se toglie certezze all’avversario.
Tornando al presente, la Ferrari e gli altri osservanti hanno scelto una linea chiara: meglio alzare la voce ora che accettare in silenzio un eventuale svantaggio strutturale. Perché se è vero che ogni ciclo regolamentare produce vincitori e vinti, è altrettanto vero che chi parte indietro sui motori difficilmente riesce a colmare il gap. Basti vedere la parabola di Renault nell’era turbo-ibrida. La storia recente della Formula 1 insegna che un errore concettuale sull’unità motrice può condannare un costruttore a inseguire per molto tempo.
La stagione 2026 non è ancora iniziata, ma il suo equilibrio tecnico si sta già decidendo nelle stanze dei regolamenti, non nei box. E per la Ferrari, che si gioca tantissimo l’anno prossimo, questa potrebbe essere una delle battaglie più importanti dell’intero nuovo corso.
Crediti foto: Mercedes-AMG Petronas F1 Team, Scuderia Ferrari HP
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