ESCLUSIVA Orsi Pt.2 : il giorno in cui Senna se ne andò

In questa seconda parte Matteo Orsi ripercorre insieme a noi i momenti del terribile incidente di Ayrton Senna e ci regala ricordi preziosi

Ecco la seconda parte (qui la prima) dell’intervista eseguita dalla nostra Chiara Avanzo a Matteo Orsi, figlio di Angelo, il fotografo e amico di Ayrton Senna, che gli è stato vicino e lo ha seguito dal suo esordio in Formula 1 fino a quel drammatico 1° maggio di trent’anni fa.

“…Io c’ero, perché avrei avuto mille motivi per non esserci, perché stavo facendo il servizio militare, invece c’ero.”

“Ero sulla torre che c’è sul traguardo. Ricordo l’ultima volta che mi è passato sotto con Schumacher dietro e ricordo di essermi girato verso i monitor che avevo dietro e aver visto praticamente la fine dell’incidente. Quel giorno lì insomma, sono quei giorni che ti ricordi esattamente cosa facevi, dov’eri. Forse avrei preferito non esserci, ma forse sarebbe stato peggio.”

“Io non sono riuscito neanche a parlare con Ayrton quel giorno lì, ma c’era un clima allucinante per via dell’incidente di Ratzenberger il giorno prima.
Ma mio padre mi disse <<Ayrton è sconvolto>> e poi era pure incavolato, perché l’avevano ammonito ufficialmente.”

“Quando c’è stato l’ incidente di Roland durante le qualifiche è saltato sulla macchina dei commissari ed è andato alla Villeneuve a vedere cos’era successo e siccome con la bandiera rossa nessuno può uscire dai box, allora si è beccato un’ammonizione”.

Quand’è stata l’ultima volta che gli hai parlato?

“A marzo, l’ultima volta che era venuto a fare i test a Imola.
Io ero militare a Viterbo e poco tempo prima mia madre mi fa <<Sai che abbiamo Ayrton a cena?>>.
Io prendo, mi faccio dare una licenza, salgo sul treno, dico <<Dai non posso non andare a cena!>>”.

“Chiaramente non sapevo che sarebbe stata l’ultima volta però ci andai con una voglia…sembrava quasi che mi stesse scappando il tempo di mano, no?”

“E quella sera lì lui era cupo perché aveva tanti problemi con la Williams. Gli avevano fatto una macchina che lui non stava dentro, insomma, una macchina fondamentalmente che lui non riusciva a guidare perché era una macchina stretta, lui era abituato ad avere un’ergonomia diversa in McLaren, gli piaceva un volante grande e gli avevano fatto un volantino piccolo in mezzo alle gambe, da lì poi nacque la famosa modifica al piantone allo sterzo.”

“Quindi quella sera era un po’ preoccupato, però ebbe anche modo di scherzare dicendomi <<Ma perché fai il soldato? Paga e stattene a casa!>>.
Al che mio padre gli dice <<No no guarda, sto paraculo qui è meglio che la naja la faccia!>>
e Ayrton mi disse <<Ma sì, tu sei un po’ paraculo, effettivamente!>>”.

Il padre di Matteo Orsi, Angelo insieme a Ayrton Senna

Le sapeva le parolacce eh.

“Lui sapeva benissimo l’italiano! Le parolacce poi, la prima cosa che imparò”.

Tornando a quel giorno, era quindi già preoccupato per l’incidente di Ratzenberger?

“Eh sì, anche perché poi aveva chiesto che togliessero dei bump al tamburello perché la macchina toccava sotto. Il tamburello non era una curva difficile, era una non curva, che se tu parli con qualunque pilota ti dirà che il tamburello lo facevi in pieno, cioè non aveva difficoltà particolari”.

“Se parli con Gabriele Tarquini, ad esempio, la faceva in pieno anche con dei cadaveri, perché era un rettilineo curvato insomma. Non avevi problemi, solo in caso di guasto meccanico”.

“Infatti io lì ho visto l’incidente di Alboreto ad esempio, nessuno sa che Alboreto lì ebbe un incidente terribile nel 91′ durante dei test. Io c’ero ai box e passò con l’ala davanti della macchina che già ballava. Prima del tamburello si è spezzata ed è uscito.
La dinamica è identica a quella di Ayrton”.

“Perché quella è una curva che è impossibile sbagliare a meno di guasti meccanici o variabili esterne. Ma lo stesso Piquet che di Ayrton ne ha sempre dette peste e corna disse <<Uno come Ayrton non sbaglia in una curva del genere>>”.

“Il destino c’ha messo lo zampino con quel maledetto braccetto della sospensione che gli va dentro nel casco e gli fa quello che gli fa, che se non l’avesse preso, Ayrton sarebbe tra noi”.

“Io c’ero quel giorno lì, l’ho conosciuto a Bologna e l’ho visto morire a Imola”.

“Ma l’importante è quello che c’è stato in mezzo e in mezzo ci sono dei ricordi bellissimi”.

Hai la sensazione che Senna sia stato riconosciuto nel suo valore solo dopo la sua morte? O addirittura mitizzato, come tutti i grandi che se ne vanno nel momento di massimo splendore?

“Assolutamente sì, anzi ti dirò di più, c’è estremismo sia da una parte che dall’altra. Sento delle cose da una parte che lo santificano addirittura e che a volte anche mia madre mi dice <<Secondo me Ayrton lassù si sta facendo un sacco di risate>>”.

“Dall’altra parte c’è una corrente di gente moralizzante che sento dire <<Guardate che non era tutto sto santo, sto fenomeno eh>>. Ayrton era una persona normalissima come tutte, gli piaceva ridere, scherzare, gli piacevano le donne…era una persona come tutte le altre, aveva i suoi lati scuri come i suoi lati chiari”.

Ma questa è la conseguenza purtroppo, quando sei al top, sei un talento sei promettente e all’improvviso te ne vai.

“Esatto, e poi lui se n’è andato in diretta tv davanti a tutti. Ha avuto un altro impatto. Come è successo anche a Simoncelli. La mamma di Simoncelli ha detto una cosa secondo me molto giusta <<Mio figlio quel giorno lì sarebbe morto anche se faceva il muratore>>. Perché è inutile, quando pescano il numerino, quando il principale chiama, tocca a te”.

“Poi ti dirò, quando Ayrton ha provato la macchina, quella Williams maledetta, la prima persona a cui ha telefonato fu mio padre. Quel giorno a Silverstone pioveva, nevicava, faceva un freddo bestia insomma, così”.

“Al pomeriggio telefona a mio padre e dice <<Allora Angelo ho provato la macchina>>
<<Come va?>>.

<<Ma guarda, non te lo so dire perché faceva molto freddo. Però ti posso dire una cosa: se mangio un panino non entro più nella macchina. Io non riesco a guidare questa macchina. Cioè hanno fatto una macchina che io dentro non ci sto! Volevo un volante grande, mi hanno fatto un volante piccolo in mezzo alle gambe che non riesco a guidarlo, la macchina salta.
Ho chiesto di rifarla totalmente perché pagano il miglior pilota al mondo e mi danno una macchina che non riesco a guidare!>>”.

“Questa è stata la prima telefonata di Ayrton dopo che ha provato la Williams per la prima volta.
Da lì.
Tutto il resto”.

Nella terza parte di questo bellissimo album dei ricordi Matteo Orsi ci darà la sua visione della Formula 1 attuale e ci dirà chi, secondo lui, può essere il Senna di oggi.

#Sennaday


Intervista di Chiara Avanzo, co-autrice: Sofia Dombrè

Crediti foto: F1

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