Tra i tanti ricordi che si possono trovare di Ayrton Senna ci sono sicuramente quelli legati al fotografo italiano Angelo Orsi che per un decennio, fino al giorno di quel terribile incidente, ha seguito il pilota brasiliano non solo come fotoreporter ma ancora di più come amico.
Poi ci sono gli occhi di un ragazzino bolognese che guardano spalancati e affascinati quel campione venuto da lontano. Sono gli occhi mi Matteo, il figlio di Angelo.
Proprio Matteo Orsi, in questo anniversario dei 30 anni della scomparsa di Senna, ci ha voluto regalare la sua memoria su Ayrton raccontandoci cosa è stato per quel Matteo ragazzino a cui tremavano per un attimo le gambe ogni volta che il campione stava per entrare in casa sua.
Ecco la prima parte della chiacchierata che Matteo Orsi ha concesso in esclusiva per Formulacritica alla nostra Chiara Avanzo.
Partiamo con la domanda più ovvia: come hai conosciuto Senna?
“Mio papà conobbe Ayrton nel 1983, quindi l’anno prima che arrivasse in Formula 1.
Si trovava a Silverstone e un giornalista in sala stampa disse a mio padre <<Vieni che ti faccio conoscere un futuro campione del mondo di Formula 1>>.
Perché già in Formula 3 questo aveva vinto tutto quello che poteva vincere.
E mio padre disse <<Va bene, andiamo pure>>
E si trova davanti a Ayrton”.
“Ayrton, già allora, estremamente educato, estremamente però avanti, scaltro, disse con mio padre <<Salve io la conosco, perché seguo e leggo Autosprint. Le sue foto, a differenza delle foto che fanno molti fotografi, hanno un’anima. Quindi mi piacerebbe, siccome l’anno prossimo sarò in Formula 1, avere qualcuno che mi aiuti con le foto per rifornire gli sponsor etc… se per lei va bene>> e da quel giorno lì si conobbero”.
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“Io invece conosco Ayrton nel 1984 sotto casa mia, a Bologna.
Siccome in quel periodo lì l’Ayrton aveva bisogno anche di farsi conoscere, vedere un po’ la stampa, mio padre lo aiutava molto con i giornalisti. Ayrton gli chiedeva chi era questo, chi era quell’altro. Un giorno lo porta in una trasmissione di un emittente locale e la sera vengono a mangiare in una trattoria vicino al centro”.
“Me lo trovo davanti, si presenta e praticamente mi fa vedere un pass e mi dice <<Guarda questo pass lo do a papà quando vuoi venire a trovarmi in pista usalo. Però devi fare il bravo a scuola, perché mi hanno detto che insomma non sei un granché!>>”.
Ah quindi ti sei preso pure la sgridata da Senna?
“No, no, ma non solo questo cazziatone da Senna, ho tutta una storia, dopo te la racconto.
Quando Ayrton era qui, che c’erano i test a Imola perché ai tempi era una Formula 1 dove i piloti potevano provare in pista, non come adesso che per calmierare i costi hanno fatto dei simulatori che costano i miliardi, però non li fanno girare in pista, cioè vabbè, questa è un’altra storia, veniva a casa nostra a cena. Quindi il rapporto con lui era un po’ cosi: quelle serate in cui potevamo essere seduti sul divano a guardare la televisione a guardare delle videocassette di una collana che si chiamava – Mondo corse – e le guardavamo insieme”.
Era come un fratello maggiore per te?
“Sì, infatti. Io sono figlio unico, era un fratello maggiore che ogni tanto passava a trovarmi, casualmente faceva il pilota di Formula 1.
Pensa che avevamo un gatto notoriamente schivo con chiunque, ma quando arrivava Ayrton gli si arrampicava su per i jeans mentre mangiava. Lui lo tirava giù ma questo insisteva per salire, poi alla fine si arrendeva e mangiava con il gatto sulla pancia”.
“Si era affezionato a sto gatto tanto che anche in giro per il mondo, ancora prima di chiedere come stava mio padre , mi chiedeva come stava il gatto.
Quando racconto queste cose, spesso ogni tanto trovo delle persone che mi guardano con un po’ di crisi <<Ma come? Uno come Senna veniva a Bologna?>>.
A scuola non mi credevano e ho dovuto far venire i miei compagni sotto a casa mia per dimostrarglielo!”.
Beh non è da tutti avere un Senna in casa.
“Guarda, mi trovavo molto bene con lui ma non ho mai però superato l’emozione di vederlo uscire dall’ascensore.
Tutte le volte che si apriva l’ascensore e lui entrava in casa avevo sempre quel momento di gambe che mi tremavano. Una cosa che non mi è mai passata, nonostante che fosse di casa ormai”.
Raccontaci la storia del cazziatone.
“Allora, non so se ti ricordi ma al tempo quando i piloti facevano la pole position gli veniva regalata una vespa T5. Ayrton me ne regala una, io ovviamente impazzito di gioia la personalizzo tutta, mi faccio fare anche il casco con i suoi colori”.
“Un giorno vengo a sapere che ci sono i test a Imola, era l’89 e io quel giorno lì decido di marinare la scuola, tanto nella mia testa era una cosa che potevo fare!”
“Prendo la mia vespa nuova e decido di andare su in variante alta da cui potevo stare attaccato alla rete e vedevo bene la pista. Esce Ayrton si fa il suo giro, passa davanti a me…e bon. Io contento”.
“Torno a casa finita la giornata di “scuola” e telefona mio padre dalla redazione di Autosprint: <<Matteo com’è andata oggi a scuola?>>
<<Ma si tutto bene pa’>>
<<Mmh…sei sicuro?>>
<<Si perché?>>
<<Perché tu non eri a scuola oggi>>
<<Come no!>>
<<No. Tu eri attaccato alla rete della variante alta oggi. Ti ha visto Ayrton quando è uscito per fare i test>>
<<Ma non è possibile!>>
<<E’ possibile. Appena ha impostato la curva ti ha visto! Tu eri in alto a sinistra così con le braccia alzate e me l’ha detto!>>
AAAAH spione! Fratello maggiore in tutto e per tutto eh!”
“Eh si, un bellissimo rapporto con lui, fino a quel maledetto primo maggio di trent’anni fa…”
Un meraviglioso ritratto di un Ayrton Senna come non siamo abituati a ricordare e che forse nemmeno ci immaginavamo.
Vi rimandiamo ai prossimi articoli per rivivere i terribili momenti di quel Primo Maggio vissuti da Matteo Orsi, per conoscere la sua opinione sulla Formula 1 attuale e per sapere chi secondo lui tra i piloti di oggi ricorda il campione scomparso.
Intervista di Chiara Avanzo, co-autrice: Sofia Dombrè
Crediti foto: F1
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