Mercedes: cronistoria della caduta di una scuderia vincente che, dopo il Gran Premio di Abu Dhabi 2021, ha perso completamente la bussola e oggi naviga a vista.
“Anatomia di una Caduta”, thriller francese di Justine Triet, Palma d’Oro a Cannes e premio Oscar per la migliore sceneggiatura originale, è il film che più di tutti descrive lo sprofondamento di un team come la Mercedes che dall’introduzione delle power unit turbo-ibride, nel 2014, ha avuto il merito di vincere 8 mondiali Costruttori – dal 2014 al 2021 – e 7 titoli piloti, così divisi: 6 con Lewis Hamilton (nel 2014 e 2015 e dal 2017 al 2020) e, nel 2016, con Nico Rosberg. Un totale di 111 vittorie, 232 podi e 118 pole position.
Mercedes: l’inizio della fine
La magia si spezza nel finale controverso di Abu Dhabi 2021 per svanire definitivamente nel 2022, quando ci fu il cambio del regolamento tecnico e la successiva introduzione delle nuove auto ad effetto suolo che avrebbero dovuto debuttare nel 2021, cosa rinviata all’anno successivo a causa di una precisa scelta dei vertici della Formula 1.
Si ritornava, nella versione adeguata ai tempi cambiati, alle monoposto ad effetto suolo che furono bandite dopo il campionato mondiale del 1982 a seguito anche del tragico incidente di Gilles Villeneuve, a Zolder, e del grave ferimento di Didier Pironi, a Hockenheim.
Nel 2022 la stagione si aprì con due sessioni di test pre-stagionali: una sul circuito di Montemeló, a Barcellona, l’altra sul tracciato di Sakhir, in Bahrain. La Mercedes si presentò con la W13 colorata da una livrea argentata che aveva abbandonato nel 2020 favorendo quel nero voluto fortemente da Lewis Hamilton per sensibilizzare il mondo della F1 alle questioni politiche e sociali che in quell’anno, col movimento del Black Lives Matter, emersero in tutto il mondo occidentale. La monoposto fu progettata dal direttore tecnico Mike Elliott dopo il parziale disimpegno di James Allison e si mostrò in due conformazioni diverse.
![Mercedes W13](https://www.formulacritica.it/wp-content/uploads/2024/03/Mercedes-W13-750x375.webp)
La prima, a Barcellona, con pance voluminose, la seconda con pance rastremate, Il cosiddetto “concept zero-pods”. All’epoca dei fatti il team principal della Red Bull, l’inglese Christian Horner, espresse molte perplessità su quel concetto che, secondo lui, andava contro lo spirito del regolamento. Espressione giuridica assai fumosa che infatti non venne presa in carico dalla FIA.
La W13 uscì malconcia da entrambe le sessioni di test. Fu l’auto che soffrì di più l’effetto del “porpoising”. La monoposto tendeva a rimbalzare sui rettilinei e nelle curve ad alta percorrenza perdendo, improvvisamente, carico aerodinamico che portava ad effetti oscillatori inficianti per le prestazioni.
La stagione inizia con un podio insperato di Lewis Hamilton, in Bahrain, che approfitta dei ritiri di entrambe le Red Bull avvenuti negli ultimi giri. Questo podio sarà l’antipasto di quello che è il film della stagione: effimere soddisfazioni, quasi insperate, ottenute grazie ai vari ritiri delle avversarie o a Safety Car che favorirono soprattutto George Russell che nei primi 9 Gran Premi riuscì a finire sempre nella top 5 portando a casa 3 podi.
Nell’11° Gran Premio, in Ungheria, il “63” guadagnò la sua prima pole position. Mentre il giovane conducente portava punti in saccoccia al team, il più esperto Lewis Hamilton veniva di fatto usato per porre in essere tanti esperimenti che non portarono miglioramenti clamorosi. Anche se, da Silverstone in poi, grazie al nuovo fondo, la W13 sembrò essere una monoposto almeno più sensata.
A metà campionato, la FIA, per limitare il fenomeno del “porpoising” e per salvaguardare la salute dei piloti che subivano i suoi effetti, promulgò la famigerata “Direttiva tecnica 39”, più nota come “TD39” che obbligava ad alzare le auto dall’asfalto. La Ferrari sembrò patire più delle altre le conseguenze del giro di vite federale. Per Mercedes, dopotutto, la stagione continuò sulla stessa china, con qualche podio raccattato qua e là, fino al Brasile dove giunge un successo inaspettato.
Mercedes: una perfetta illusione
Ad Interlagos, nelle qualifiche Sprint, Russell riuscì ad issarsi fino al terzo posto, dietro una sorprendente Haas di Kevin Magnussen e la Red Bull del solito Max Verstappen. Il giorno dopo, nella Sprint Race, il “63” riuscì ad arrivare primo sfruttando il forte degrado delle gomme medie di Verstappen che finirà poi 4° in gara, alle spalle del ferrarista Carlos Sainz – su cui pendeva una penalità di 5 posizioni in griglia per l’evento della domenica – e dell’altra Mercedes di Hamilton.
In gara le W13 partiranno in prima fila, cosa che non accadeva da un anno. Precisamente del dal Gran Premio dell’Arabia Saudita. Dopo una prima ripartenza, per un’incidente al via, Hamilton viene in contatto con Verstappen nella “S di Senna” e perde molte posizioni mentre Russell prendeva il largo. L’epta-campione riuscì comunque a rimontare fino alla seconda posizione completando un 1-2 Mercedes che non si verificava dal Gran Premio dell’Emilia-Romagna e del Made in Italy del 2020. Un’era geologica per una scuderia che fino a qualche anno prima dominava in lungo e in largo. Ad oggi, quella di Interlagos, rimane la prima ed unica vittoria per Russell. E l’ultima per la Mercedes.
Il mondiale si concluse con il misero bottino di 1 vittoria, 1 pole, 17 podi e 6 giri veloci su 22 gare, con Russell ed Hamilton che si classificarono, rispettivamente, 4° con 275 punti e 6° con 240 punti. Nella classifica costruttori la Mercedes concluse in terza piazza, dietro la Red Bull e la Ferrari, totalizzando 515 punti.
![Mercedes](https://www.formulacritica.it/wp-content/uploads/2024/01/Mercedes-1.jpg)
Il 2023, l’errore ripetuto: la W14
I tecnici Mercedes, sull’onda di quell’1-2 ottenuto in Brasile si presentano ai test pre-stagionali con la W14 (ritornata nera, ma stavolta per motivi di risparmio peso e non per questioni sociali e politiche) nuovamente basata sul concetto delle pance rastremate. Con grande disappunto da parte del 7 volte campione del mondo, Lewis Hamilton, che accusò lo staff tecnico di non averlo ascoltato affermando che puntare ancora sullo stesso progetto avrebbe portato al fallimento. Nelle prime 5 gare, dal debutto in Bahrain al Gran Premio di Miami, la W14 ottiene solo un podio, con Lewis arrivato 2° a Melbourne.
Il cambiamento inutile: la W14“B”
Alla 6° prova del mondiale, il Gran Premio di Monaco, la W14 abbandona l’amato (da Mike Elliott) concept zero sidepod. La vettura, che verrà riaffidata alle cure di James Allison richiamato di fretta e furia a lavorare a pieno regime, va nella direzione della Red Bull. Senza ottenere risultati esaltanti. Il Gran Premio di Monaco finisce ai piedi del podio, con Hamilton e Russell, giunti rispettivamente 4° e 5°.
Al successivo Gran Premio di Spagna, a Barcellona, c’è il primo barlume di risalita. I due piloti Mercedes riescono ad agguantare un doppio podio (Hamilton 2° e Russell 3°, ed) che ebbe il sapore della speranza. Le gare successive sembrano essere tutte uguali per la scuderia anglo-tedesca, con la solidità di Hamilton, soprattutto in gara, e i tanti errori dell’altro inglese che gettò via un podio e punti importanti toccando il guardrail durante l’ultimo giro del Gran Premio di Singapore.
Al Gran Premio del Qatar, Russell ed Hamilton partivano 2° e 3° ma al via i due vengono al contatto. Il “44”, che innesca l’incidente, ha la peggio ed oltre a dire addio alla gara vede spegnersi le ultime possibilità di agguantare il secondo posto, occupato da Perez.
Al Gran Premio degli Stati Uniti, Hamilton riesce a conquistare un doppio podio, sia nella Sprint Race del sabato sia in gara arrivando 2°, sempre dietro Verstappen. Dopo il GP viene squalificato insieme a Charles Leclerc per eccessiva usura del pattino del fondo. L’unico vero lampo di questa stagione fu la pole in Ungheria ottenuta da Lewis per appena 3 millesimi su Verstappen. La numero 104. L’ultima dell’asso inglese era datata Gran Premio dell’Arabia Saudita del 2021.
La stagione si conclude senza vittorie per la prima volta dal 2011 (l’auto era la W02) e con solo una pole, 8 podi e 5 giri veloci. Hamilton, grazie al suo talento, riuscì a battagliare per la seconda posizione in classifica generale contro la Red Bull di Perez ma si dovette accontentare del terzo gradino del podio, a quota 234 punti. Il compagno di squadra, Russell, invece sprofondò in 8° posizione con soli 175 punti. Mercedes riuscì comunque a finire 2° nella classifica costruttori alle spalle dell’irraggiungibile RB19 e ad appena 3 punti sopra la Ferrari.
![Mercedes W15 - Saudi Arabian GP 2024 - George Russell](https://www.formulacritica.it/wp-content/uploads/2024/03/Mercedes-W15-Gp-Arabia-Saudita-2024-George-Russell-750x375.webp)
La W15: delusione perpetua
La Mercedes, con la W15, si presenta con pance e concetti simili alla concorrenza, ma sembra non ingranare. Nelle prime due gare, in Bahrain ed Arabia Saudita, è finita nettamente fuori dal podio. Prima di ciò, il 1 febbraio, era arrivata la notizia taglia- gambe: la stella più grande della scuderia, Lewis Hamilton, dice addio e se ne va, nel 2025, alla rivale Ferrari.
I motivi di questa scelta sono molteplici: la mancanza di competitività, il non ascolto da parte dei tecnici, gli errori che hanno portato alla squalifica ad Austin e forse la mancanza di prospettive di vittoria nel breve-medio termine. Elementi, insieme alla voglia di cimentarsi con una nuova sfida, che hanno convinto il britannico a cedere alle lusinghe di John Elkann che tanto lo bramava alla corte di Maranello.
Mercedes non è più la scuderia che per 8 lunghi anni aveva dominato la F1. Oggi è caduta in un burrone che non riesce più a scalare. Bisognerà probabilmente aspettare il nuovo cambio di regolamento che avverrà nel 2026. Ma con quale pilota? Il più vincente passerà alla concorrenza e non sarà facile da sostituire. Si vocifera di Alonso in attesa che il golden boy italiano, Andrea Kimi Antonelli, si faccia le ossa in F2.
L’alternativa “golosa”, per la quale sono drizzate le orecchie, è quella che porta a Max Verstappen che potrebbe voler scappare dalla “civil war” tra Christian Horner, Helmut Marko, Adrian Newey e Jos Verstappen. Suggestioni che, per ora, non contribuiscono a tirare fuori dalle difficoltà la Stella a Tre Punte. Toto Wolff e la sua scuderia sono dinanzi a un bivio: risorgere o cedere un Gran Premio dopo l’altro. Cosa che avrebbe l’effetto della più completa disfatta.
Crediti foto: Mercedes AMG F1 Team