Bernie Ecclestone non è mai stato un grande fan di Lewis Hamilton. E, fedele alla sua abitudine di colpire senza filtri, anche questa volta non ha perso l’occasione per ribadirlo. L’ex patron della Formula 1, oggi lontano dai riflettori ma sempre attento osservatore, ha definito il sette volte campione del mondo “un progetto di marketing finanziario” per la Ferrari, mettendo in discussione sia le prestazioni del pilota britannico sia la gestione di Frédéric Vasseur.
Secondo lo storico manager, la Ferrari sta pagando una doppia mancanza: quella di un leader carismatico al muretto e quella di un Hamilton che non è riuscito a imporsi come guida tecnica e morale del team. “Tutto sta sfuggendo di mano. Voleva essere campione del mondo e ora è sorpreso di non essere riuscito a raggiungerlo”, ha dichiarato al portale tedesco Sport.de.

Una bocciatura pesante, ma non sorprendente per chi conosce il rapporto mai decollato tra Ecclestone e Hamilton. Già in passato l’ex boss del Circus aveva ridimensionato i meriti sportivi del britannico, sostenendo che fosse più “un personaggio mediatico” che un vero trascinatore. Ora, con il suo arrivo alla Ferrari, quelle vecchie perplessità sembrano essersi trasformate in convinzione: per Ecclestone, Hamilton non è l’uomo giusto per riportare Maranello al vertice.
Il bilancio, del resto, non aiuta. La stagione 2025 ha già consegnato al britannico un record poco lusinghiero: mai nella sua carriera non aveva ottenuto un podio in 20 gare. Un dato che stride con i sette podi conquistati da Charles Leclerc nello stesso arco di tempo e che alimenta i dubbi sul reale impatto del campione di Stevenage nel progetto del Cavallino Rampante.
Ecclestone punta il dito anche contro Frédéric Vasseur, accusandolo di essere “troppo debole” nella gestione del team. “Il problema è che la Ferrari ha bisogno di un leader autoritario per avere successo. Lì non parlano italiano, parlano Ferrari. In Italia tutti dicono la loro e intervengono, decidendo cosa è giusto e cosa è sbagliato”, ha dichiarato con lucidità disarmante.
Dietro le parole di Ecclestone c’è la visione di sempre: la Formula 1 come regno di personalità forti, di uomini che impongono la propria volontà. Hamilton, con la sua eleganza istituzionale e il suo carisma mediatico, non rientra in questo schema. Nella mente del vecchio Bernie, la Ferrari ha bisogno di un nuovo Jean Todt o di un nuovo Luca di Montezemolo, non di un testimonial globale.

Per Ecclestone, insomma, la Ferrari ha sbagliato scommessa. E la figura di Hamilton, lungi dall’essere quella del salvatore annunciato, rischia di restare confinata nel limbo delle operazioni d’immagine più che nella storia sportiva del Cavallino. Un giudizio duro, forse eccessivo, ma perfettamente coerente con l’uomo che ha sempre preferito i piloti che parlano poco e vincono molto.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP, Ansa
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