I social, oggi, sono una ricchissima fonte d’informazione per i normali utenti e per noi che facciamo parte del mondo della stampa che raccogliamo dai confronti, anche quelli più accesi, spunti interessanti per la scrittura di articoli ed editoriali. Basta anche una frase o la sola parola “Ferrari” per metterci a scrivere.
Una massima che negli ultimi anni sta facendo capolino sui social e che mischia il mondo della Formula 1 e quello del calcio è: “la Ferrari è diventata il Manchester United della F1”. Frase che sembra una boutade tipica del mondo virtuale da cui noi ci abbeveriamo. Eppure più la si scrive e più diventa reale. Ma davvero due dei più grandi, vincenti, riconosciuti e ricchi marchi dello sport mondiale, sono paragonabili?
La Ferrari del dopo-Schumacher
La Rossa ha vissuto diversi periodi di crisi nonostante il suo status leggendario. Dopo l’era d’oro di Michael Schumacher dal 1999 al 2004, con 5 titoli piloti e 6 costruttori, la scuderia di Maranello ha attraversato fasi di difficoltà significative.
Dopo il titolo costruttori del 2008, la Ferrari ha faticato a competere con Red Bull e successivamente Mercedes. La vettura del 2009 era poco competitiva e, anche con Fernando Alonso, la squadra è arrivata vicina al titolo piloti nel 2010 e nel 2012 ma ha perso per errori strategici e mancanza di sviluppo. Questo periodo è stato segnato da instabilità tecnica e decisioni controverse, come l’addio dello spagnolo.
Con Sebastian Vettel e Maurizio Arrivabene – e poi Mattia Binotto – il team italiano ha avuto momenti promettenti, ma errori dei piloti, strategie discutibili e un motore controverso (2019), con successive indagini FIA che hanno portato a un crollo nel 2020, con il peggior risultato dal 1980: un sesto posto nei costruttori.
Nonostante segnali di ripresa con Charles Leclerc e Carlos Sainz, la scuderia italiana ha continuato a lottare con problemi di affidabilità e strategie sbagliate, senza vincere un titolo dal 2008. La pressione dei tifosi e l’aspettativa di vincere “perché sei la Ferrari” hanno amplificato ogni fallimento. Questi periodi di crisi sono spesso attribuiti a una combinazione di gestione interna caotica, mancanza di coerenza tecnica e difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti regolamentari.

Il Manchester United dopo Sir Alex Ferguson
Il Manchester United, dopo l’era di Sir Alex Ferguson, durata quasi 30 anni (dal 1986 al 2013), che ha portato 13 titoli di Premier League e 2 Champions League, è entrato in una crisi prolungata.
Dopo il ritiro del manager scozzese, il club ha faticato a ritrovare la sua identità. Sotto Moyes, Van Gaal, Mourinho, Solskjær e Ten Hag, il MUFC ha vinto trofei minori come l‘Europa League, nel 2017, e due FA Cup, nel 2016 e nel 2024, ma non è mai stato davvero competitivo per la Premier League o la Champions League. L’ultimo titolo di lega risale al 2013.
La crisi è stata segnata da scelte di mercato sbagliate, allenatori non all’altezza delle aspettative e una proprietà americana, quella dei Glazer, criticata per una gestione più finanziaria che sportiva. La squadra ha spesso deluso i tifosi, con prestazioni altalenanti e una mancanza di coerenza tattica.
La pressione di Old Trafford, il “Teatro dei Sogni”, è simile a quella della Ferrari: i tifosi si aspettano successi costanti, e ogni stagione senza trofei importanti alimenta solo la frustrazione.

Paragone nelle crisi
Entrambi i team vivono sotto una pressione immensa dovuta al loro passato glorioso. Per gli uomini di Maranello non vincere un titolo è visto come un fallimento inaccettabile; per lo United non competere per la Premier o la Champions è altrettanto grave. Questa pressione porta spesso a decisioni affrettate, come cambi frequenti di piloti e allenatori o strategie rischiose.
La scuderia italiana ha sofferto per avvicendamenti nella dirigenza, da Luca Cordero Montezemolo a Sergio Marchionne, per finire all’attuale Presidente John Elkann, con i team principal da Maurizio Arrivabene, Mattia Binotto e Frédéric Vasseur e le lotte relative interne che si sono susseguite negli anni. Il Manchester United ha avuto problemi con una proprietà dei Glazer, distante, con scelte tecniche incoerenti. Entrambi hanno faticata costruire un progetto a lungo termine.
Numerose sono le proteste contro i Glazer allo stadio, mentre il malcontento dei tifosi della Ferrari si concentra principalmente sui social, arene virtuali dove si critica soprattutto la poca vicinanza di Elkann al mondo della scuderia di Maranello rispetto ai suoi predecessori, come ad esempio Montezemolo.
I periodi di crisi sono stati interrotti da false albe: Ferrari sembrava vicina al titolo nel 2017 e nel 2018, ma è crollata sul più bello; lo United, sotto Mourinho e Ten Hag ha mostrato sprazzi di potenziale, ma senza continuità. La crisi è più dolorosa perché entrambi rappresentano più di una squadra: il Cavallino Rampante è un simbolo dell’Italia, e lo United un’istituzione globale. I tifosi restano fedeli, ma la delusione è palpabile.
Anche i piloti e i calciatori che in questi anni si sono accasati in queste due identità, attratti dal ricco ingaggio, dal prestigio e dalla voglia di far tornare al vertice dei brand come essi sono, sono rimasti scottati e hanno lasciato il team d’appartenenza per altri meno ricchi e blasonati.

Differenze fra la Ferrari ed il Manchester United
La Ferrari opera in un contesto più ristretto come quello della Formula 1, mentre il Manchester United affronta competizioni più ampie come la Premier League, le coppe inglesi e continentali. Gli errori in Formula 1 sono più visibili e immediati: una strategia sbagliata in gara è evidente; mentre nel calcio i problemi possono accumularsi più gradualmente.
La scuderia di Maranello ha il vantaggio di essere un costruttore, con controllo totale sulla vettura, mentre lo United dipende dal mercato dei giocatori. Il che aggiunge complessità.
Il paragone regge perfettamente nei periodi di crisi: entrambi i soggetti dello scritto sono giganti che lottano per tornare al vertice, ostacolati da errori interni, aspettative altissime e difficoltà di adattamento ai nuovi contesti. La loro resilienza, però, deriva dal loro status: anche nei momenti bui, restano il punto di riferimento per i tifosi e gli avversari.
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Crediti Foto: LaPresse, Alex Livesey/AFP, ANSA, Sean Bull Design