La cucina italiana è stata ufficialmente riconosciuta come patrimonio immateriale dell’umanità dall’UNESCO, la stessa che ha trovato nuove strade per arrivare anche nelle retrovie dei campi di gara. Non solo l’odore di motori e pneumatici; tra un cambio gomme e l’altro o nei paddock, piloti e squadre del mondiale endurance si concedono molto spesso un piatto di pasta o un assaggio di formaggio stagionato.
Tra i piloti italiani del WEC, spicca senza dubbio Valentino Rossi che in passato ha rivelato di mangiare pasta tonno e fagioli conditi con olio e parmigiano ma adora anche il gelato e la piadina prosciutto e formaggio. Non da meno anche Giovinazzi che in un’intervista pubblicata da Ferrari rivelava che durante la 24 Ore di gara ha consumato 7 spuntini e durante la cena c’erano anche 200g di Parmigiano Reggiano. Anche altri piloti del panorama WEC, in ruoli meno sotto i riflettori ma comunque centrali nelle squadre GT o Hypercar, hanno dichiarato in passato l’apprezzamento per la cucina italiana, non tanto per moda, ma per affetto, per la concretezza del gusto semplice. Per molti, un piatto di pasta equilbrato nel paddock rappresenta una pausa autentica, un modo per “resettare” la mente tra una sessione di test e l’altra.
Perché la cucina italiana è anche strategia mentale
In un mondo in cui ogni millesimo conta, dove la concentrazione è l’arma più affilata, la pausa, lo spuntino, il pranzo e la cena diventano qualcosa di più: un rituale rigenerante. Mangiare un piatto semplice, leggero ma gustoso, significa alimentare corpo e mente per affrontare ore di stress, decisioni tattiche, stanchezza fisica. Non solo insalatine o barrette e gel. La dieta equilibrata, mediterranea, ricca di carboidrati complessi e legumi, offre la giusta energia e stabilità gustativa, che a sua volta può tradursi in lucidità al volante.
E poi c’è il valore di rappresentanza, quando un pilota condivide un pasto italiano, o mostra amore per i sapori del Belpaese, diventa un ambasciatore della cultura italiana nel paddock internazionale. È un gesto che rafforza un’identità in un contesto globale, multilingue, cosmopolita.
Il gusto italiano come collante globale
Il bello del WEC è che la griglia è internazionale, con piloti da ogni angolo del pianeta che convergono su circuiti europei, americani, asiatici. In questo contesto, la cucina italiana svolge una funzione quasi diplomatica: offre una lingua comune, fatta di sapori, convivialità, semplicità che unisce persone di culture diverse. I team professionistici, che non puntano soltanto alla performance in pista, ma anche al benessere globale dei piloti: alimentazione sana, atmosfera serena, equilibrio psicofisico. In un campionato come il WEC, in cui le gare durano ore, questo non è un dettagli,o è parte integrante del risultato.
Perché la cucina italiana vale un titolo mondiale
La logica del “fast food da corsa” rappresentato da snack energetici, barrette proteiche, pasti rapidi, è sempre meno dominante nell’endurance moderno. Al contrario, cresce l’attenzione al nutrimento come componente fondamentale della performance. E la tradizione mediterranea, con i suoi legumi, cereali integrali, olio d’oliva, verdure fresche e carni magre, rappresenta un modello perfetto.
Per un pilota, saper gestire ritmo, concentrazione e lucidità non significa solo allenarsi sulla pista, ma anche fuori: nell’alimentazione, nella routine quotidiana, negli equilibri personali. Un piatto di pasta dopo una sessione di test può fare la differenza.
Ecco perché, dietro la velocità, dietro i tempi sul giro e i pit stop, la cucina italiana, semplice, territoriale, autentica, merita uno spazio di rilievo. Per alcuni piloti, è già parte della strategia. Per altri, può diventarlo.
Foto credit Ufficio stampa BMW Group





