Cosa serve davvero alla Ferrari?

Più che gli uomini, alla Ferrari servono delle metodologie di lavoro efficaci che mettano i professionisti nelle giuste condizioni operative

Come accade da alcuni mesi, continuano a rincorrersi le voci più disparate sul futuro di Adrian Newey. Tuttavia, come sottolineato magistralmente dal collega di redazione Pietro nel suo recap sulle trattative in corso, ad oggi l’unica certezza sul futuro dell’ingegnere inglese è che non si sa nulla. Il punto è che, come ha giustamente evidenziato Vasseur, tutti lo vogliono e tutti stanno trattando. Ma quando si parla di Ferrari, realtà diversa da tutte le altre e ricca di complessità, è lecito farsi qualche domanda in più. La prima che viene in mente è se ingaggiare un profilo di altissimo livello come l’ingegnere di Stratford-Upon-Avon può essere la strada per tornare a vincere.

Seguo da quasi 40 anni le vicissitudini del team del Cavallino Rampante (con discreti danni al fegato) e posso dire con certezza che le dinamiche sono sempre le stesse e si ripetono ciclicamente. L’unica eccezione è stata quando Jean Todt decise di trapiantare tutto il reparto progettuale del team allora campione del mondo.

Portati in toto a Maranello, conservarono le abitudini e le dinamiche che avevano in Benetton. E la cosa funzionò alla grande. In quel caso, vennero meno tutti i meccanismi autolesionistici che hanno caratterizzato le tante sconfitte di questi anni.

Rory Byrne
Il dream team Ferrari: Paolo Martinelli, Luca Cordero di Montezemolo, Ross Brawn e Rory Byrne

Ferrari: soliti e irrisolti problemi

Dopo di ciò, vari progettisti di alto livello come Costa e Allison si sono succeduti sullo scranno di capo progettista, ma senza fortuna. Hanno vinto prima e hanno vinto dopo, ma non vestiti di rosso. Oggi è il turno di Cardile, ma cosa vuol dire questo? Che in Ferrari il problema è principalmente gestionale e non strettamente legato agli uomini, perché in tanti (troppi) quando vanno via ottengono grandi risultati. Tranne il buon Mattia Binotto che continua a produrre ottimo vino; qui invece abbiamo la certezza che sia un problema di uomini perché le dinamiche tossiche venivano proprio da lui.

In questo senso, uno come Newey può essere la soluzione? Oggi un team di Formula 1 ha un organico che comprende più di mille elementi, di cui decine e decine sono ingegneri di alto profilo. Come si può pensare che basti un uomo? Ebbene, conoscendo i problemi atavici di questa squadra, è lecito sperare che uno come lui possa riuscire in questa impresa. Non pensando che arrivi con la sua matita e disegni una monoposto imbattibile, ma cambiando la mentalità e le metodologie.

Lui stesso ha più volte affermato che il merito delle sue vittorie sta nel saper creare un gruppo di lavoro vincente che valorizzi ogni idea e permetta a ognuno di esprimersi liberamente in un continuo brainstorming che porta a creare soluzioni inedite.

Queste fanno la differenza perché messe insieme in un progetto coordinato da una mente geniale. Ed è questo che manca alla Ferrari, dove l’ambiente è troppo rigido e politicizzato, e si lavora sotto una insana pressione spesso controproducente.

L’ingegner Mattia Binotto, ex team principal (e non solo) della Scuderia Ferrari

Cadono teste e ci si riorganizza di continuo, ripartendo costantemente da zero, oppure ci si incaponisce per pura vanità come ha fatto Binotto, seguendo strade sbagliate solo per dimostrare che la stabilità e la perseveranza pagano. Queste sono le strategie a cui abbiamo assistito in questi anni e che hanno servito su un piatto d’argento solo fallimenti a ripetizione.

Agli albori delle indiscrezioni su un allora improbabile divorzio da Red Bull con relativo approdo in Ferrari, il direttore Sabbatini, amico reale di Newey, affermò che ciò che lo rendeva restio ad approdare nel team italiano erano appunto le dinamiche interne, la poca libertà, la troppa politica e il pretendere risultati immediati quando invece il tempo è un fattore determinante per creare una realtà che possa primeggiare.

Ed è questo il vero motivo per cui forse non verrà in Italia: non le richieste economiche come molti affermano. I soldi non sono mai stati un problema a Maranello, ma questa è un’occasione unica per ingaggiare colui che realmente può cambiare le cose.

Per farlo, occorre avere il coraggio di dargli le chiavi della G.E.S., proteggendolo da critiche e fallimenti perché solo un idiota può pensare che una struttura elefantiaca possa cambiare in un paio d’anni. Ci vuole tempo e fiducia assoluta nel progetto. Serve un capo che sia legittimato da tutti.

È l’unica strada possibile. Poi, se arriverà un altro Mister X e mi smentirà, sarò il primo a gioirne, ma purtroppo non sarà così.


Crediti foto: Scuderia Ferrari HP

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