Comunicazioni “etiche” in F1: Ben Sulayem ha davvero torto?

Il n°1 della FIA invoca un giro di vite su certi team radio “spinti”. E giù mille polemiche che investono la libertà d’espressione e finanche il razzismo. Ma la campagna di Ben Sulayem è davvero così “decentrata”?

Quando Mohammed Ben Sulayem, gran capo della Federazione Internazionale dell’Automobile, parla, spesso scaturiscono polemiche accese. Il manager emiratino è noto per i suoi slanci verbali, che sovente anticipano azioni non sempre apprezzate né dai piloti, né da chi gestisce la Formula 1, come Liberty Media Corporation.

Ieri, l’ex pilota di rally, dal 2021 alla guida della FIA negli uffici di Place de la Concorde, è intervenuto sul tema delle comunicazioni radio, che spesso vedono i piloti superare i limiti del linguaggio corretto, lasciandosi andare a veri e propri torpiloqui.

Non è necessario citare casi specifici o fare nomi, ma in linea di massima, tutti sappiamo chi eccede e chi, invece, cerca di mantenere uno stile sobrio nonostante la tensione sportiva che si vive sotto il casco, guidando a velocità folli e con accelerazioni laterali che una persona non allenata faticherebbe a gestire.

Ma cosa è accaduto? Ben Sulayem ha affermato che i piloti dovrebbero darsi una calmata quando sono in azione, utilizzando un linguaggio più consono al pubblico che ascolta. Ha paragonato i professionisti del volante a dei rapper, criticando implicitamente la categoria.

Su questo giudizio, Lewis Hamilton ha avuto parecchio da ridire, sostenendo che i rapper sono, per lo più, musicisti di colore, e che nelle parole del dirigente si potrebbe ravvisare un’offesa razziale. Sinceramente – e chi scrive non ha mai nascosto la propria simpatia sportiva e umana per il campione di Stevenage – questa sembra una forzatura, sintomatica di un rapporto mai sbocciato tra i due.

F1 Ben Sulayem
Lewis Hamilton e Mohammed Ben Sulayem

Mohammed Ben Sulayem ha davvero torto nel volere una F1 più “pulita”?

Tralasciando questo battibecco, Mohammed ha davvero torto a criticare i piloti che esagerano nelle esternazioni riprese dalla FOM? Escludendo l’infelice allusione al mondo dei rapper, sinceramente non mi sento di condannare il numero uno della FIA. È così assurdo pretendere un po’ di “netiquette”?

Ieri, navigando sui social, molti si sono indignati per le parole di Ben Sulayem, sottolineando che, spinti dall’adrenalina, è comprensibile che in certi momenti i piloti perdano il controllo. Questo è vero, ma è altrettanto acclarato che stiamo parlando di professionisti lautamente pagati, che potrebbero anche controllare il linguaggio.

Non penso che un driver debba avere un ruolo pedagogico, ma una certa “responsabilità educativa” ce l’ha. Parliamo di professionisti molto esposti, le cui conversazioni vengono trasmesse in diretta a un pubblico che spesso mitizza queste figure. Per questo motivo, un po’ di moderazione sarebbe auspicabile.

Qualcuno, criticando aspramente il presidente, ha suggerito che la “colpa” sia anche sua, poiché è lui a permettere che le conversazioni radio vengano trasmesse. Errore: i team radio vengono trasmessi dalla FOM, ovvero da Liberty Media, l’unico soggetto autorizzato a farlo.

La Federazione è solo un’esecutrice: la proprietà della Formula 1 chiede al gruppo di Place de la Concorde di scrivere le regole, applicarle ed emettere sanzioni se necessario. Ma la sfera televisiva non rientra nelle competenze della FIA. Le parole di Ben Sulayem vanno quindi interpretate come un invito a cambiare atteggiamento, non come un’accusa diretta.

Mohammed Ben Sulayem – Presidente FIA

Insomma, Mohammed Ben Sulayem può piacere o meno, ma questo tipo di invito non può essere derubricato a una semplice lamentela di chi cerca visibilità. La Formula 1 non è mai stata così esposta mediaticamente: con l’avvento di Liberty Media, i numeri sui social sono decuplicati e continuano a crescere. La diffusione del marchio è così capillare che, forse, sarebbe il caso che tutti i protagonisti si dessero una calmata.

La censura va sempre condannata, e poter ascoltare i team radio è un valore aggiunto che rende questo sport più trasparente e credibile. Basterebbe soltanto che i protagonisti moderassero il linguaggio, o che la regia internazionale evitasse di manipolare le conversazioni tra macchina e muretto, creando un pathos che, a volte, non avrebbe nemmeno ragione di esistere farlocco com’è. 


Crediti foto: F1, FIA

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