Le rivalità sono il sale della F1. La storia della nostra amata categoria è stata caratterizzata da grandi dualismi o da contrasti che si sono accesi per poi spegnersi dopo poco tempo, ma che comunque hanno stuzzicato la passione e gli animi dei tifosi. Lauda-Hunt, Senna-Prost, Schumacher-Hakkinen, per citare tra i più noti, hanno incollato gli appassionati agli schermi TV con storie che, ancora oggi, a distanza di decenni, fanno parlare di sé, dividendo le opinioni.
Una volta, il dibattito intorno alla Formula 1 era diverso, meno esposto. Oggi, nel mondo dei social media, sono proprio le chiacchiere che circondano gli eventi a diventare più grandi dell’evento stesso. E già questa è una stortura. Succede che scaramucce puerili tra Leclerc e Sainz diventino – anzi, vengano narrate – come un dualismo feroce degno della Cavalleria rusticana. E mi perdoni Giovanni Verga per averlo tirato in ballo in questa maniera.

F1: fatue rivalità in favore dei social media
Ciò che si osserva negli ultimi tempi è che ogni Gran Premio racconta di una grande battaglia. Anche in Qatar, dove sostanzialmente non è accaduto nulla di rimarchevole, si è ingigantita la tensione manifestatasi tra Max Verstappen e George Russell. Il motivo del contendere è noto e si riferisce a quanto l’inglese avrebbe detto dinanzi ai commissari di gara per far sì che il rivale olandese venisse penalizzato dopo le qualifiche del sabato.
Apriti cielo! Max l’ha presa malissimo, lanciandosi in dichiarazioni piroclastiche – e pure parecchio allusive – nelle quali fotografava il collega inglese come un uomo vicino alla FIA, una sorta di buon amico, un mezzo delatore, un fiancheggiatore del potentato, un doppiogiochista che mostrava il volto dell’amicizia nelle chiacchiere per poi “pugnalare alle spalle” per il proprio tornaconto. Un brio dei tempi moderni.
Ma Russell cosa ha fatto di così negativo? George ha tutelato il proprio interesse? Sì, lo ha fatto. E lo ha fatto nella stessa maniera in cui lo stesso Max Verstappen ha tratto vantaggio da una situazione di difficoltà di un avversario. Durante la gara, con regime di bandiera gialla, è stato proprio il pilota di Hasselt ad aprirsi in radio e dire che Lando Norris, che soffiava negli scarichi della RB20, non aveva rispettato le prescrizioni della direzione gara.
Insomma, una bella “soffiata” che ha messo sul chi vive il disastroso Rui Marques, che si è inventato uno stop-and-go di 10 secondi – roba che non vedevamo dall’epoca dell’uomo di Cro-Magnon – e che di fatto tiene ancora aperto il Mondiale Costruttori, che si assegnerà all’ultima gara. Ben per noi, che abbiamo altro materiale di cui parlare.
Pur non conoscendolo, ogni pilota applica l’utilitarismo benthamiano: pensa, insomma, al proprio orticello, massimizzando i vantaggi a scapito degli altri. Probabilmente, a Max Verstappen non va troppo giù il ruolo di rappresentante di Russell in seno alla GPDA, cosa che lo porta naturalmente ad avere rapporti più fitti con le autorità della Federazione Internazionale dell’Automobile. Di questo, Russell non può avere colpa, anche perché fa parte di quel sindacato che tutela lo stesso Verstappen.

In tutta questa vicenda, il buon George, fedele al suo aplomb britannico, non ha ribattuto, ma di certo non l’avrà presa bene, perché l’accusa è abbastanza infamante. Ma non si vuole fare una colpa a Max Verstappen: usare questi metodi è un classico della Formula 1 e degli sport in generale. Quel che stride è mitizzare tutta questa vicenda, attribuendo a qualcuno doti da supereroe solo perché ha detto davanti ai microfoni che un collega fa il doppiogiochista.
I panni sporchi che si lavano in pubblica piazza alimentano un dibattito di plastica che, a quanto pare, piace parecchio alla fanbase attuale della Formula 1. E giù commenti, pareri più o meno richiesti e interazioni: è questo ciò a cui sono interessati i vertici di Liberty Media. Insomma, piloti che si scagliano contro il sistema, ma che sono perfettamente funzionali allo stesso.
Altro che miti: siamo dinanzi a un teatro di bassa lega che continua a contribuire allo spostamento del focus fuori dal recinto della pista, quel recinto che diventa sempre meno importante agli occhi degli appassionati. Il Gran Premio è un “necessario fastidio” di un’ora e mezza per creare tutti quegli elementi che poi verranno dibattuti nei giorni successivi. È sempre stato così, si intenda, ma ultimamente pare che si sia un po’ esagerato.
Crediti foto: Mercedes-AMG Petronas F1 Team, Oracle Red Bull Racing