Ci avevano raccontato una storia straordinaria: un trofeo rivoluzionario, futuristico, firmato da un artista italiano e realizzato con materiali di lusso, pronto a fare il suo debutto trionfale sul podio di Austin. Eppure, quando è arrivato il momento della premiazione, nessuna traccia di quelle tanto celebrate coppe “Heroo”. Al loro posto, un’imbarazzante improvvisazione con ruote in miniatura e una coppa cilindrica d’emergenza. E sapete perché? Perché nessuno in Pirelli si è ricordato di una cosa banale: il copyright.
Un flop annunciato: hype alle stelle, ma Pirelli si dimentica del dettaglio fondamentale
Per giorni, Pirelli ha bombardato i media e i fan con immagini e post che mostravano i trofei “Heroo”, progettati dall’artista Matteo Macchiavelli. Le coppe erano uno spettacolo: un corpo nero in fibra di carbonio, braccia articolate e una testa cromata che cambiava colore a seconda della posizione in gara. Oro con polvere d’oro per il vincitore, argento per il secondo e titanio per il terzo. Una campagna marketing aggressiva, una vetrina di innovazione e arte… ma con un problema non trascurabile. Nessuno si è chiesto: “Siamo sicuri che questo design sia davvero nostro?”.

A quanto pare, qualcuno ha notato una “piccola” somiglianza con le sculture Bearbrick, famose in tutto il mondo, che riproducono celebri personaggi in una versione stilizzata e futuristica. E qui il colpo di scena: esiste persino una versione di Bearbrick ispirata ai Daft Punk che assomiglia in modo inquietante ai trofei Heroo di Pirelli. Stesse linee, stessa estetica robotica, persino la testa cromata. Un déjà-vu di metallo e carbonio che forse Pirelli avrebbe dovuto notare prima di sventolare con tanto orgoglio i suoi trofei sul pit wall e sui social media.
Le ruote in miniatura: il premio di consolazione più imbarazzante di sempre
Così, mentre i piloti si preparavano a festeggiare sul podio, Pirelli e il promotore della gara, dopo aver consultato la FIA, hanno ritirato i trofei “Heroo” per evitare l’inevitabile figuraccia. Nessuno ha voluto rischiare una battaglia legale per violazione di copyright, e in fretta e furia sono stati fatti volare trofei d’emergenza da uno degli uffici statunitensi dell’azienda. E cosa hanno consegnato? Niente di meno che delle ruote in miniatura, solitamente riservate ai premi per le qualifiche, mentre Leclerc ha dovuto accontentarsi di una coppa a forma di tubo metallico. Non esattamente il finale epico che avevano promesso, vero?
Pirelli e il marketing che si dimentica del copyright
Il vero capolavoro di questa storia è l’incredibile incapacità di Pirelli di verificare un dettaglio così ovvio come il copyright. Hanno speso giorni a costruire una campagna pubblicitaria per un trofeo che non potevano nemmeno assegnare. I trofei Heroo avevano persino i loro pass per il paddock, erano stati esibiti con orgoglio come opere d’arte all’avanguardia, e c’era persino l’idea di vendere una collezione di “art toys” ispirati ai trofei. Insomma, un piano perfetto per conquistare il mercato, se non fosse che assomigliava troppo a qualcosa che era già sul mercato… e di proprietà di qualcun altro.

Un caso di studio per i fallimenti di marketing
Quello che è successo a Pirelli non è solo un errore, è un manuale su come non fare marketing. Investire tempo, risorse e denaro in una campagna che alla fine va in fumo per un errore tanto banale come la mancanza di una verifica sui diritti di design è qualcosa che lascerà il segno. Se pensiamo al livello di controllo e precisione che solitamente si applica agli eventi di Formula 1, viene da chiedersi: davvero nessuno in Pirelli ha alzato la mano per dire “Aspettate un attimo, non sembra troppo simile a un omino Lego, a Topolino, ai Daft Punk e altre 27 cose protette da copyright?”.
Adesso, il marchio italiano dovrà fare i conti con una bella figuraccia e con la rimozione fulminea di qualsiasi traccia dei trofei Heroo dai suoi siti ufficiali. Un fallimento di marketing e branding che resterà nella memoria degli appassionati per un bel po’.
Chiedo il nome del giornalista che ha scritto l’articolo su Zanardi. Devo, obbligatoriamente, fare i miei più sentiti complimenti per il bellissimo articolo, che Zanardi si merita tutto.Bravo.
Articolo scritto dalla nostra Veronica Vesco, una vera fuoriclasse. Lieto di girarle i complimenti e grazie per questo feedback.
Sfortunatamente però Heroo è per sua natura un’opera d’arte e in quanto tale rappresenta un’interpretazione artistica e la visione di un pilota in un design moderno, ispirato ai caschi d’oro, in quanto tale la sua raffigurazione celebra la vittoria, ha un busto snello senza pancia, scarpe grandi per spingere l’acceleratore al massimo e mani disegnate a differenza di Bearberick Medicom che produce un orso come giocattolo, in grande scala e al massimo sigla delle licenze con artisti per stamparne grafiche con un design simile a Lego più che a Heroo, come riportato ai loro legali.
L’articolo in questione è la perfetta presunzione di un giornalista privo/a d’informazioni capace di screditare un’opera d’arte che ha subito un’attacco di Medicom del tutto infondato per puro fine commerciale e di notorietà, basati pensare che non esistono Bearberick con la struttura di Herro e con un pneumatico alla base.
Ai legali di Medicom è stato risposto in seconda battuta dai legali del sottoscritto che arte e giocattoli sono modelli di business differenti, l’orso e l’uomo non sono simili in natura e in fondo giusto per concludere l’opera Heroo è protetto da un brevetto di design industriale dal molto prima del Gp di Austin pertanto lontano dall’essere sindacabile di fatto , qualora Medicom avesse voluto insistere maggiormente, in America come in ogni paese esiste uno stato di diritto chiamato “Fair Use” che permette ad ogni artista di interpretare oggetti già sul mercato come ha fatto il celebre Jeff Koons , ed in ogni modo non è questo il caso ma comunque Heroo sarebbe stato regalato ai piloti sul podio , pertanto non era comunque attaccabile, di fatto le mie opere sono sempre state sul mercato e hanno presenziato con successo ad Art Basel 2024, dove Medicom e Bearberick non era presente ….diciamo che questa azienda è riuscita bene nel ottenere notorietà a gratis ad Austin ma ha anche ricevuto una richiesta di risarcimento danni ingente.
Ci sono circa 80 artisti che fanno della loro arte orsi sul mercato di cui il più noto è Platinum Los Angeles con annesse scritte Hermes, nessuno ha pendenze con Medicom come segnalato a loro, sono stati bravi a spaventare Pirelli ma davanti ad un brevetto industriale e a due immagini simili ma diverse nulla è accettato…se fosse vero quanto scritto in questo articolo allora le F1 non potrebbero correre, sono tutte in plagio di design l’una dell’altra.
A voi ogni pensiero, questa è la realtà legale dietro ai fatti, il resto sono scelte di Pirelli, e per tutti quelli che vedono lo stesso oggetto li invito a riflettere se un casco e un orso sono la stessa figura…ma criticare in una società digitale è molto facile, supportare e comprendere ben più difficile.