Nella Formula 1 moderna, è risaputo, la prestazione non nasce più soltanto nei box o in pista. Esiste un “cervello remoto” che analizza, elabora e suggerisce in tempo reale, collegato digitalmente a ogni sensore della monoposto. È il Remote Garage, il centro operativo che da Maranello assiste la Scuderia durante i weekend di gara. Tra i protagonisti silenziosi di questo ecosistema c’è Carlo Santi, Performance Engineer della Ferrari, una figura che rappresenta l’intersezione tra simulazione, analisi e decisione strategica.
In un’intervista rilasciata al sito ufficiale della squadra, Santi racconta in prima persona la complessità del suo ruolo, la gestione dei weekend Sprint e il suo percorso umano e professionale che lo ha portato a vivere il sogno Ferrari.

Carlo Santi: “Dal Remote Garage diamo supporto live e facciamo da back-up ai colleghi in pista“
“Dal Remote Garage riusciamo a dare supporto live ed eventualmente fare anche da back-up ai performance engineer in pista, sia per quanto concerne questioni di routine che per criticità che possono emergere durante l’evento. Come regola di base, nel remote garage cerchiamo di dedicarci ad attività che prevedono un orizzonte temporale medio-lungo e che coinvolgono più dipartimenti, mentre in pista ci si focalizza più sull’aspetto strettamente operativo”.
Le parole di Santi descrivono perfettamente la doppia anima della Formula 1 di oggi: da un lato il lavoro frenetico ai box, dall’altro l’elaborazione a distanza, con decine di ingegneri collegati in tempo reale ai dati della vettura.
Il Remote Garage di Maranello non è solo un centro di supporto, ma un’estensione attiva del muretto box. Gli ingegneri analizzano flussi di telemetria, verificano correlazioni con le simulazioni e gestiscono scenari predittivi per anticipare problemi o opportunità strategiche.
Santi sottolinea la differenza di orizzonte temporale: in pista si reagisce, da remoto si prevede. È una distinzione fondamentale nella catena decisionale moderna: chi lavora in fabbrica ha più tempo per interpretare i dati e suggerire correzioni strutturali, mentre chi è in pista deve operare nell’immediato, spesso sotto pressione.
Carlo Santi: “Nei weekend Sprint la preparazione deve compensare la mancanza di tempo in pista”
“I weekend Sprint richiedono una preparazione dell’evento più estesa di quanto occorra per un weekend di gara con formato tradizionale. La ragione principale risiede nel fatto che il tempo dedicato alle Free Practice è molto ridotto, quindi è necessario sopperire al tempo-pista che si perde con omologhe attività al simulatore offline e al simulatore di guida”.
“Inoltre, il fatto che la vettura vada in parc fermé già dopo la prima sessione di prove comporta la necessità, in fase di preparazione del weekend, di aumentare la variabilità dei singoli parametri che prendiamo in considerazione, così da essere pronti per reagire al maggiore numero di scenari che possono presentarsi dal venerdì alla domenica”.
Qui emerge la complessità del lavoro di pianificazione: quando la Formula 1 adotta il formato Sprint, tutto si comprime. Una sola sessione di libere obbliga a fare in anticipo ciò che normalmente si ottimizza in pista: testare configurazioni, prevedere bilanciamenti, verificare interazioni aerodinamiche. Santi spiega come, per compensare la riduzione del tempo effettivo sul tracciato, Ferrari si affidi a simulazioni offline e sessioni al simulatore di guida. È il cuore del metodo moderno: ridurre al minimo l’incertezza.
L’aspetto più tecnico riguarda la variabilità dei parametri. In termini pratici, significa che in fase di preparazione vengono generate centinaia di combinazioni di assetto, pressioni, altezze da terra, angoli sospensivi e mappe motore. Una sorta di “matrice di scenari” che consente agli ingegneri, una volta in parc fermé, di sapere in anticipo come la vettura reagirà a condizioni di pista o meteo diverse.
È un lavoro che mescola fisica, matematica e intuizione e che spiega perché, in un weekend Sprint, il contributo del Remote Garage diventa ancora più cruciale: meno prove in pista, più responsabilità in fabbrica.

Carlo Santi e il sogno rosso
“Fin da bambino ho considerato che lavorare in Scuderia fosse il mio punto di arrivo. Tuttavia, il percorso che mi ha portato qui è stato un po’ tortuoso. Dopo essermi laureato in ingegneria meccanica con indirizzo veicoli terrestri al Politecnico di Milano, ho deciso di accettare una borsa di studio per accedere a un progetto presso il Centro Ricerche FIAT a Torino, al termine del quale sono poi entrato nel gruppo di dinamica veicolo”.
“Il mio ingresso nel mondo delle corse è avvenuto cinque anni dopo, quando ho colto l’opportunità di entrare a far parte di un team Endurance come performance engineer. In seguito ho finalmente avuto la possibilità di lavorare per Scuderia come model engineer del primo simulatore di guida, che era in procinto di nascere“.
“Dopo oltre quindici anni, passando attraverso simulatore di guida, dinamica veicolo, race engineering e prestazione veicolo, sono ancora qui a soffrire dopo ogni gara persa e a gioire dopo ogni gara vinta”.
In un ambiente dominato da algoritmi e simulazioni, la dimensione umana emerge con forza. Santi non è solo un tecnico: è un uomo che vive la Ferrari come un’appartenenza, non come un impiego. Il suo racconto è un piccolo compendio dell’evoluzione tecnologica del Cavallino Rampante: dal primo simulatore di guida alle moderne infrastrutture digitali, passando per la dinamica veicolo e l’analisi prestazionale.
È la testimonianza di chi ha visto cambiare la Formula 1 da dentro, senza mai perdere il senso della passione. La frase finale – “soffrire dopo ogni gara persa e gioire dopo ogni gara vinta” – riassume perfettamente la filosofia Ferrari: non c’è distanza sufficiente, neppure quella che separa Maranello dai circuiti del mondo, capace di attenuare il coinvolgimento emotivo di chi ne fa parte.
Carlo Santi rappresenta quella categoria di ingegneri meno in vista, quelli che non rilasciano dichiarazioni roboanti ma costruiscono, con metodo e rigore, la base su cui si giocano i decimi. Nel linguaggio tecnico di un performance engineer c’è la chiave di un’evoluzione silenziosa ma decisiva: integrazione tra pista e remoto, simulazione predittiva e adattabilità. La Ferrari di oggi, e soprattutto quella che sta progettando il salto verso il 2026, non può prescindere da figure come la sua: competenza trasversale, capacità di leggere il dato e, soprattutto, lucidità nell’interpretarlo.
In un team dove spesso si discute di strategie e di leadership, Carlo Santi ricorda che la Formula 1 resta una scienza applicata alla sensibilità. È lì, tra il bit e il cuore, che nasce la vera performance.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP
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