Christian Horner non entrerà nel mondo Cadillac. Pochi giri di parole, pochi fronzoli per fotografare i fatti e allontanare le speculazioni che si stavano rincorrendo in queste ore. La smentita è arrivata per bocca di Dan Towriss, amministratore delegato di TWG Motorsport, che gestisce il progetto Formula 1 della casa americana: “Non ci sono state conversazioni con Horner e non ci sono piani per averne. La nostra fiducia in Graeme Lowdon è totale”. Parole che non solo spazzano definitivamente via i rumor, ma che assumono un significato politico, quasi ideologico.
Horner non è semplicemente un nome: è il simbolo di un modello di potere che ha dominato l’ultima era della Formula 1. Una gestione accentrata, personalistica, in cui Red Bull ha costruito il proprio impero intorno a Max Verstappen sacrificando qualsiasi equilibrio interno. In questo senso, la chiusura netta di Cadillac non è un dettaglio di mercato, bensì un atto di rottura. Il nuovo costruttore non vuole importare i meccanismi del “vecchio regime”, ma presentarsi come alternativa, come manifesto del nuovo ordine che prenderà forma con il 2026.

Cadillac F1 e la leadership distribuita
La conferma di Graeme Lowdon al timone, figura considerata solida e capace di lavorare in modo collegiale, va letta in questa direzione. Cadillac preferisce una leadership distribuita, priva di accentramenti, diametralmente opposta a quella incarnata da Horner. La squadra americana intende blindare il proprio progetto evitando qualsiasi elemento capace di creare ombre o personalismi.
La presentazione della line-up 2026 è coerente con questa filosofia. Sergio Perez e Valtteri Bottas sono piloti esperti, due profili che garantiscono affidabilità e maturità tecnica, pensati non per alimentare gerarchie interne, ma per guidare collettivamente l’esordio della squadra. Una scelta che contrasta apertamente con la logica binaria di Red Bull, in cui il secondo sedile è stato storicamente sacrificato al primato del campione.
Non a caso Towriss ha dedicato parole significative proprio a Perez, reduce da anni difficili a Milton Keynes: “Red Bull è un team costruito intorno a un pilota. Nessuno, in quel secondo sedile, è riuscito a esprimersi al meglio”. L’analisi suona come un’accusa diretta alla vecchia gestione e rivela la volontà di offrire al messicano una nuova prospettiva, libera dal peso di un sistema sbilanciato.
Con Bottas al suo fianco, Cadillac costruisce una coppia solida e pragmatica, non il teatro di rivalità intestine. È una scelta che va oltre la pista: è la dichiarazione di un metodo, di una cultura diversa.
In questa contrapposizione si cristallizza la vera partita politica della nuova Formula 1. Da un lato Horner e Red Bull, incarnazione di un potere consolidato, personalizzato e impermeabile. Dall’altro Cadillac, che si propone come interprete di un modello collettivo, inclusivo, pensato per l’era regolamentare 2026. Il rifiuto a Horner diventa così il primo, simbolico atto di rottura tra vecchio regime e nuovo ordine.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing, F1
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