Il Gran Premio di Las Vegas è ritenuto il climax della F1 così come viene concepita dalla proprietà americana. Un modo diverso di intendere lo sport in cui i lustrini, le luci e lo spettacolo vengono quasi anteposti al risultato sportivo. Un paradigma che dalle parti del Vecchio Continente non viene visto di buon grado.
E ci mancherebbe che fosse il contrario visto che l’Europa, via via che passano gli anni, si svuota sempre di più di gare in favore di palcoscenici che sanno offrire e garantire altre caratteristiche che Liberty Media considera oggi preponderanti. Vitali.

Gp Las Vegas: un successo economico senza precedenti
I promoter della gara fiore all’occhiello della Formula 1 (non è il giudizio di chi scrive) hanno pubblicato un corposo report che analizza l’impatto economico del gran premio disputatosi il 18 novembre del 2023.
Numeri esaltanti quelli sciorinati in un documento di una quarantina di pagine che Liberty Media considera una sorta di vademecum da far girare, come esempio da seguire, presso gli altri organizzatori. L’impatto economico totale è stato misurato in 1,5 miliardi di dollari, compresa la spesa dei visitatori che è risultata pari a 884 milioni di dollari.
Le entrate fiscali generali hanno toccato i 77 milioni di dollari. Una cifra iperbolica che rappresenta la quota più alta raggiunta rispetto a qualsiasi altro evento organizzato nella storia della città del Nevada che pure se ne intende di un certo tipo di happening.
La Formula Uno ha reso più fedele il visitatore. I tifosi hanno speso 3,6 volte di più rispetto al tipico turista che si reca a Las Vegas per giocare ai tavoli verdi. Il soggiorno medio è stato di 4,1 notti, con una spesa iperbolica di 4.100 dollari pro capite. I lavoratori locali hanno guadagnato 52 milioni di dollari in salari.
7.300 i posti di lavoro creati dall’evento, ovviamente con contratti di vario tipo. L’aeroporto di Las Vegas è stato il secondo più trafficato del paese il giorno dopo la gara, con 2.200 passaggi.

Las Vegas: unicum difficilmente replicabile
Numeri, come tali, inconfutabili. Ma difficilmente replicabili in un territorio che non presenti analoghe caratteristiche e in cui la ricchezza media del fruitore non sia così elevata. Bisogna evitare di scadere nel riduzionismo e pensare che questa architettura possa essere copiata e incollata altrove.
Immaginate Imola, per riportare la discussione su luoghi a noi noti. Sulle rive del Santerno sarebbe praticamente impossibile metter su uno spettacolo – di questo parliamo – minimamente assimilabile a quello del Nevada.
La Formula 1 dovrebbe provare a preservare le specificità di ogni luogo comprendendo che al di là di certe richieste non si può andare. Ma non sembra essere questa l’indicazione fornita da Liberty Media che è alla continua ricerca di teatri che possano esaltare il suo modello di business.
In questo senso va letto il recente annuncio del Gran Premio di Madrid che, col suo cittadino, andrà a estromettere dal calendario un tracciato storico come il catalano Montmeló.
Questo modello, per ora, sta dando ottimi riscontri tra il pubblico che, anagraficamente, è sempre più giovane. Dubbi emergono sulla validità di lungo periodo. Il rischio standardizzazione è elevato e “l’elemento noia” rischia di diventare un fattore decisivo.
Crediti foto: F1