Monza e il discount dei biglietti: quando il modello F1 implode

Gli organizzatori del GP d’Italia rivedono la politica sui biglietti. Segno che il modello di vendita non regge più

Uno sport popolare che si veste di esclusività. Questa è la parabola che sta descrivendo la Formula 1 negli ultimi anni. Che l’accesso alle tribune non sia mai stato troppo economico è un fatto noto, ma ultimamente i prezzi di certi autodromi sono schizzati alle stelle, superando i normali confini della decenza.

Succede quindi che, nonostante narrazioni brillanti, alcune piste non riescano a fare il sold-out, cosa che oggi è necessaria per raccogliere quelle cifre esose che Liberty Media Corporation chiede per concedere un Gran Premio in un determinato circuito. I promoter del GP d’Italia, che si tiene a Monza, sono in trattative con il colosso americano dell’intrattenimento per rinnovare il contratto.

Per fare questo, hanno dovuto impostare un fitto programma di ristrutturazione i cui effetti vedremo già nel prossimo weekend di gara. Le migliorie apportate alla pista e a tutte le strutture esterne non sono terminate, e non appena sventolerà la bandiera a scacchi, gli operai ritorneranno sul tracciato brianzolo per passare alla fase 2.

Tanti soldi sono stati spesi per investimenti necessari che devono rientrare da qualche parte. Se la politica e le sponsorizzazioni coprono parte del budget necessario da riversare a Liberty Media, una fetta cospicua deve giungere dalla vendita dei biglietti. E pare che le cose non stiano andando proprio benissimo in Brianza.

Monza: la rimodulazione dei biglietti

Giunge notizia che chi ha acquistato un biglietto di ingresso circolare prato per uno dei tre giorni del prossimo weekend di gara avrà la possibilità di fare un vero e proprio upgrade, pagando una differenza, e accomodandosi nelle varie tribune in base alla disponibilità dei posti.

A quanto pare, c’è ancora una buona disponibilità di tagliandi. Le vendite non sono andate a gonfie vele: dopo un iniziale picco, forse anche a causa di una Ferrari non proprio competitiva, la curva di vendita si è appiattita e ora si cerca di correre ai ripari per evitare che dalla TV si possano vedere tribune con “l’alopecia”, ossia occupate a macchia di leopardo.

Questa vicenda forse impone una riflessione di più ampio respiro. La folle corsa all’aumento dei costi dei biglietti determina situazioni come quella che abbiamo raccontato. Il potere d’acquisto degli italiani – e non solo – non è smisurato e i tifosi fanno i conti con le proprie tasche, preferendo evidentemente disertare un appuntamento di grande importanza.

Se le somme richieste da Liberty Media sono così alte, è normale che i costi ricadano sull’utente finale, che diventa uno dei maggiori e indiretti contributori del meccanismo. Questa dinamica non si verifica soltanto in Italia: è una linea di continuità che accomuna molti paesi europei. Non è un caso che realtà ricche e solide come la Germania abbiano deciso di uscire dal calendario della Formula 1 proprio per non affrontare le ingenti richieste della proprietà americana.

Liberty Media, mossa da un cinismo tipicamente capitalista, continua a proseguire per la sua strada e per tale ragione volge il suo sguardo verso realtà che non hanno problemi a raccogliere le quote richieste. Per tale ragione l’asse della Formula 1 tende sempre di più a spostarsi dal Vecchio Continente verso paesi con minore cultura motoristica, ma con i cordoni della borsa sempre molto aperti.

Questo tipo di meccanismo reggerà ancora a lungo? Finché alle porte di Liberty Media busseranno molte realtà, la risposta sembra essere positiva. Questi sono i motivi che lasciano immaginare che l’Europa possa via via svuotarsi di Gran Premi.


Crediti foto: F1

Exit mobile version