Per oltre un anno Aston Martin è stata raccontata come la squadra che, più di tutte, aveva imboccato la strada giusta verso il 2026: investimenti record, campus tecnologico all’avanguardia, l’ingaggio di Adrian Newey come architetto concettuale della futura monoposto e un percorso di crescita definito un “modello” da diversi osservatori del paddock.
Ma nelle ultime settimane sono emerse crepe che mettono seriamente in discussione la solidità del progetto e, soprattutto, la capacità del team di arrivare pronto all’epocale cambio regolamentare. Diverse fonti, da RN365 alla BBC, riferiscono di tensioni interne che potrebbero minare la solidità dell’architettura in via di definizione.
Secondo le ricostruzioni il nodo è il seguente: vi sono delle divergenze apparentemente insanabili tra Andy Cowell, CEO del team da poco più di un anno, e Adrian Newey, direttore tecnico di fatto e figura centrale nella definizione della vettura 2026. Un contrasto che avrebbe convinto – il condizionale è d’obbligo fino a conferme o smentite ufficiali – Lawrence Stroll a prepararsi a una mossa drastica. Cowell sarebbe vicino alla rimozione dal ruolo di CEO e team leader, anche se potrebbe rimanere all’interno della struttura in un incarico differente. Non è ancora una decisione definitiva, ma nel paddock c’è chi la considera una questione di tempo.
Aston Martin: la disputa è sulla governance
Il problema fondamentale, secondo le ricostruzioni, riguarda la governance tecnica del team. Cowell, per ruolo, dovrebbe essere il supervisore dell’intero progetto; ma la presenza di Newey, azionista, figura iconica e di gran lunga il membro più pagato della squadra, rende gli equilibri interni sbilanciati. L’ex Red Bull guida lo sviluppo della monoposto 2026, ed è su di lui che Stroll ha fondato l’ambizione di trasformare Aston Martin in un contendente stabile al vertice. Ma proprio il suo peso specifico ha reso insostenibile la convivenza con l’ex n°1 di Mercedes High Performance Powertrains.
La situazione diventa ancora più complessa osservando i nomi in ballo per un’eventuale successione. Il più rumoroso è quello di Christian Horner: l’ex team principal della Red Bull, licenziato a luglio dopo mesi di scontri interni, pare abbia spinto con decisione per ottenere un ruolo di leadership ad Aston Martin, chiedendo persino una quota azionaria. Nonostante i contrasti personali con Newey emersi durante lo scandalo che ha travolto Red Bull a inizio anno, i due avrebbero ricucito il rapporto durante l’estate. Una candidatura, tuttavia, ingombrante e non priva di rischi politici e mediatici.
Sul tavolo c’è anche Andreas Seidl, oggi alla guida del progetto Audi F1 e considerato da alcune fonti il favorito per un’eventuale transizione. E non mancano altri nomi che possono arrivare dall’interno o da altre acquisizioni in una campagna acquisti che a Silverstone sembra non terminare mai.
L’incertezza al vertice arriva in un momento delicatissimo. Aston Martin è nel mezzo di una ristrutturazione tecnica che ha già visto una rivoluzione corposa. Cosa che pesa soprattutto alla luce della complessità delle nuove normative 2026 che ridisegneranno non solo l’aerodinamica ma anche l’interazione tra efficienza, recupero energetico e gestione delle nuovi power unit 50/50 termico-elettrico, per i quali Aston Martin sarà partner ufficiale Honda.
È qui che il “modello Aston Martin”, spesso indicato come esempio virtuoso di come costruire una squadra del futuro, inizia a mostrare i suoi limiti. L’integrazione tra un campus tecnologico moderno, una struttura espansa e una governance tecnica forte è un punto di forza solo se supportata da stabilità interna. Quando le fratture partono dall’alto, come sta accadendo ora, il rischio è che l’intero progetto perda coesione proprio nel momento in cui servirebbe continuità assoluta.
La percezione nel paddock sta cambiando: da “squadra con il piano più chiaro verso il 2026” ad “organizzazione che rischia di implodere per eccesso di personalismi”. E questo nonostante Lawrence Stroll resti il baricentro decisionale del team, con una visione focalizzata su un solo obiettivo: fornire una vettura competitiva ai piloti (Stroll e Alonso sono confermati, ndr) e portare il marchio Aston Martin al vertice, costi quel che costi.
Il team per ora non commenta, concentrato com’è sulle ultime gare e sulla preparazione al 2026. Ma l’impressione è che qualcosa stia per accadere. E se l’uomo chiamato a costruire l’Aston Martin del futuro è lo stesso che ha rotto gli equilibri del presente, allora il “modello 2026” potrebbe non essere solido come era stato raccontato. In un’era in cui la continuità tecnica è l’unica ricetta per arrivare competitivi al cambio regolamentare, perdere stabilità al vertice può rappresentare una crepa perniciosa.
Crediti foto: Aston Martin
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