C’è un filo di acciaio, e non solo di speranza, nelle parole di Enrico Cardile. Il nuovo responsabile tecnico della Aston Martin non usa giri di parole: “Il fallimento non è un’opzione”. Una dichiarazione che suona come una promessa – e come un avvertimento – a chiunque punti a dominare il prossimo ciclo regolamentare della Formula 1. I rivali devono fare i conti con un nuovo oste vestito di verde.
L’ex direttore tecnico della Ferrari – con cui non si è lasciato per nulla bene – ha tracciato un quadro chiaro: l’Aston Martin sarà competitiva nel 2026. E non si tratta di un auspicio ma di una certezza operativa. “Faremo centro a livello di progetto l’anno prossimo – ha spiegato Cardile – non so se saremo competitivi alla prima, alla seconda o alla settima gara, ma siamo certi che andrà tutto bene. Abbiamo tutto ciò che serve per fare un ottimo lavoro”.

Aston Martin gioca d’attacco
Non sono parole di circostanza. Sono l’espressione di un approccio che non contempla la difesa: la Aston Martin sta costruendo la sua rivoluzione a porte aperte, con un linguaggio ambizioso che in Inghilterra raramente si concede se non si è davvero convinti dei propri mezzi. Il team di Lawrence Stroll non si nasconde dietro un dito: punta chiaramente a inserirsi nella nuova élite tecnica del 2026, quando l’unione fra telaio e power unit diventerà più stretta che mai.
Cardile sembra aver trovato nell’ambiente di Silverstone una libertà di impostazione e di visione che forse a Maranello era andata smarrendosi. Le sue parole lasciano intendere un gruppo di lavoro votato alla cultura dell’eccellenza, ma anche alla responsabilità condivisa: “Non possiamo accontentarci dei buoni risultati di una sessione in galleria del vento o di un esercizio di riduzione del peso riuscito perché non abbiamo un punto di riferimento. Questo è vero in qualsiasi momento, ma è particolarmente vero all’inizio di un nuovo ciclo”.
La sfida è aperta, e riguarda tutti. In una fase in cui McLaren intende confermarsi, Ferrari e Mercedes lavorano per ritrovare continuità tecnica, e Red Bull prepara la propria transizione verso il progetto 2026 con la nuova power unit “made in Milton Keynes”, Aston Martin prova a inserirsi come quinto polo di un equilibrio che, da anni, resta sostanzialmente immobile.
La differenza, rispetto al recente passato, è la qualità del personale tecnico oggi riunito intorno al nuovo polo attrattivo: Adrian Newey di cui Cardile sarà preziosa spalle. L’arrivo dell’ex Ferrari e dell’ex Red Bull chiude idealmente un cerchio: Aston Martin non è più un team emergente, ma una struttura che ragiona in termini di ciclo tecnico e di piattaforma industriale, non di singolo campionato.
E c’è un punto che merita attenzione: l’entusiasmo con cui Cardile parla del 2026 non è quello di un tecnico che si affaccia su un progetto nuovo, ma di un ingegnere che ha già una visione chiara del percorso. “Non vedo l’ora di vedere le altre 10 vetture, di sapere se siamo in una buona posizione e dobbiamo continuare a spingere per mantenere il vantaggio o se dobbiamo continuare a spingere per raggiungere i team più veloci di noi”. Parole che tradiscono una mentalità da competitor, non da inseguitore.
In fondo, il messaggio è semplice: Aston Martin vuole smettere di inseguire. La squadra inglese, oggi, non costruisce soltanto una macchina ma una cultura tecnica, e la presenza di Cardile ne è il simbolo. Per la Ferrari – che nel 2026 ripartirà a sua volta da un concetto completamente nuovo – si tratta di un avversario in più, ma anche di uno stimolo necessario: la concorrenza più pericolosa è sempre quella che nasce da una visione, non da un budget.
E in questo, a Silverstone, sembrano avere le idee molto chiare.
Crediti foto: Aston Martin
Seguici e commenta sul nostro canale YouTube: clicca qui