Ci risiamo: appena le cose precipitano, dalle parti di Maranello saltano i nervi e parte il fuoco incrociato contro chi si permette di sollevare critiche, perché la Ferrari è come la nazionale di calcio: non va criticata, ma solo supportata sempre e comunque, in particolare dagli organi di informazione.
Un modo di pensare anacronistico, un limite culturale radicato da decenni, che fa capire quanto la Gestione Sportiva sia affetta da una permalosità rappresentativa di un certo distacco dalla realtà, fatta di risultati scadenti. E la soluzione non è millantare una competitività che non esiste, ma forse ci sarà. È essere obiettivi e franchi su ciò che è la situazione attuale e su cosa si sta facendo per cambiare l’inerzia.
Un problema evidente già nella precedente gestione di Mattia Binotto, dove si spacciavano per ottimi risultati i quarti e quinti posti e, invece di fare autocritica mostrando umiltà, ci si prendeva il lusso di bacchettare i commentatori per legittime osservazioni legate all’effettivo andamento in pista, più che a considerazioni personali, con un pronto ripristino di una narrazione falsa ma gradita alla Gestione Sportiva.

Una stampa amica diventa nemica quando, pensando che gli spettatori abbiano l’anello al naso, racconta una realtà distorta e palesemente manipolata. Ricordiamo, per chi non lo sapesse, la ridicola imposizione al broadcaster che produce la F1 di avere una persona gradita alla Ferrari in cabina di commento: una visione antica e poco intelligente, che mira a un commento sempre amico, spesso scadente, che appare assurdo in un’epoca profondamente orientata ai risultati. La gente, con un minimo di cultura sportiva, ascolta… ma poi si fa una sonora risata.
Appaiono infatti al limite del demenziale alcuni commenti miti o speranzosi anche di fronte a pesanti débâcle, quando sarebbe più opportuno ammettere il disastro e mostrare la volontà di ripartire, senza accampare le scuse più disparate. Tanto le classifiche non cambiano, e il “volemose bene” non fa altro che irritare i tifosi, più che tranquillizzarli.
La stampa in Italia è da sempre ipertrofica e ragiona per iperboli: oggi ti esalta, domani ti mortifica. Punta sempre allo scandalo o alla notizia che acchiappi qualche click. Ma non si può pretendere che cambi: dove si può intervenire, invece, è nella gestione della comunicazione da parte del team.

Ma è davvero la stampa che butta fango sulla Ferrari?
Lo sfogo di Frédéric Vasseur è arrivato nel momento in cui i giornalisti hanno diffuso le voci su una sua possibile sostituzione, e ciò lo ha parecchio destabilizzato, portandolo allo scontro frontale con la stessa stampa con cui fino a poco fa “scorreva il miele”, fino ad accusarla di essere una delle principali cause delle sconfitte Ferrari. Rispolverando l’assurda idea che una stampa amica aiuti a vincere, mentre buttare fango sulla Scuderia la danneggi pesantemente.
Ma siamo sicuri che questo fango venga dalla stampa, e non dalla Ferrari stessa? Cosa pensava il Team Principal quando ha avallato la presentazione in pompa magna del “salvatore della patria” Lewis Hamilton? Un pensionato di lusso che doveva portare con sé la bacchetta magica e vincere il mondiale con la forza del suo carisma. Roba che non si trova nemmeno nei libri di Urania.
Dov’era, quando a Milano si è fatta una festa come se si fosse già vinto il mondiale, con tanto di promesse per gasare il pubblico? È lapalissiano: più in alto porti le aspettative, più fragorosa sarà la caduta. A volte pensare solo al marketing non porta a comprendere i danni comunicativi che ne derivano, in particolare nell’era dei social.
Il team principal francese, a prescindere dalla gestione tecnica, ha fallito quella comunicativa, ed è un boomerang che questa volta lo colpisce in prima persona. Ricordiamo anche la gestione mediatica della trattativa con Adrian Newey: inizialmente se ne ammetteva il valore e si rendeva manifesta la volontà di ingaggiarlo, poi, quando Lawrence Stroll ci ha messo gli “sghei” (tanti), si è battuti in ritirata con affermazioni molto vicine a quelle della volpe che non è riuscita a raggiungere l’uva.
Oggi, chiaramente, viene naturale riferirsi a questa vicenda come a una delle principali cause della sconfitta, anche se probabilmente il mancato ingaggio del genio inglese c’entra poco o nulla. Ma quando si innescano certe “bolle” mediatiche, le conseguenze sono prevedibili.
Il problema è nei rapporti con la stampa, e la celebre cena di fine anno a Maranello ne rappresenta l’emblema. Questo perché usare un evento di convivialità con i giornalisti come mezzo punitivo verso chi esprime considerazioni scomode non è un comportamento degno di una grande azienda come la Ferrari. È comprensibile che certe critiche ingenerose possano infastidire, ma allo stato attuale non ci si possono aspettare dichiarazioni d’amore sui giornali e siti web.

Frédéric Vasseur dovrebbe chiedersi perché ci sono sempre più interviste critiche da parte dei piloti, non ultima quella di Hamilton dopo il Gran Premio del Canada, dove si chiede come mai la Ferrari non porti aggiornamenti. Ma dovrebbe chiederlo ai suoi ingegneri, anziché dirlo alla stampa fingendo di non sapere. Queste esternazioni non controllate sono una delle ragioni per cui si scrivono articoli sempre più critici sul team di Maranello. Per questo il team principal dovrebbe controllare meglio certe uscite, anziché scagliarsi contro la stampa.
Detto questo, trovo comunque assurdo che si parli con tale intensità di sostituire il team principal in una fase così delicata e alle soglie del 2026. Piaccia o non piaccia, il francese è stato il prescelto, e bisogna farlo lavorare almeno fino al 2026. Sostituirlo prima sarebbe un autentico suicidio.
Chi parla di licenziarlo non vuole bene alla Ferrari. E queste persone non vanno ricercate tra i giornalisti, che per lavoro si buttano su qualsiasi notizia, ma ai piani alti di Stellantis, da dove partono queste voci. Ebbene, tra queste persone – forse per scarsa competenza – va ricercato chi davvero non vuole bene alla Ferrari.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP
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