Donald Trump è il quarantasettesimo presidente degli Stati Uniti d’America. Questo il verdetto delle urne, ratificato dopo la nottata italiana nella quale era apparso chiaro sin da subito che il tycoon newyorkese avesse avuto la meglio su Kamala Harris. Tranquilli, non è questo il luogo per un approfondimento politico; ci occupiamo – e continueremo a farlo – di motorsport. Proprio per questo, però, è necessario fare delle valutazioni sull’impatto che il nuovo vento repubblicano può portare sulla Formula 1 e soprattutto sulla questione Andretti ancora irrisolta.
Il rapporto tra Mario Andretti (e la sua famiglia) e Donald Trump è solido ed è stato suggellato da quelle immagini – un po’ simpatiche, un po’ grottesche – in cui l’ex pilota italo-americano scarrozzava il politico-imprenditore per le vie di New York a bordo di una vettura IndyCar a due posti.
In quella circostanza si stava girando una puntata di uno show televisivo americano abbastanza famoso, “The Apprentice”, nella quale “Piedone“, investito del ruolo da improvvisato tassista, si recava alla Trump Tower per caricare il cliente d’eccezione.
Una messa in scena che ovviamente racconta di una simpatia tra i due, che era stata pubblicamente formalizzata in una cena di gala USA-Italia nella quale l’ex pilota aveva lanciato pubblicamente un endorsement nei confronti di Trump, impegnato nella campagna elettorale poi vinta contro Hillary Clinton. “Pur non provenendo dalla politica, Donald si saprà circondare delle persone giuste”, questo il commento di Andretti in quella serata, a suggellare un’intesa che negli anni non è mai stata messa in discussione.

Trump: un alleato per Andretti nella corsa alla F1
Trump non solo ha vinto la tenzona elettorale, ma conta sulla appoggio di entrambi i rami del parlamento statunitense che sono ora in mano repubblicana. Una di quelle situazioni che permettono una gestione amministrativa più snella e, soprattutto, di avere più potere di fare pressione anche in ambiti esterni a quelli tradizionali, che rientrano nel recinto della politica.
Evitando riduzionismi non fotografanti, si può però dire che, in materia commerciale, Trump si fa latore di un messaggio votato alla tutela dei prodotti tipicamente yankee. Andretti-Cadillac viene percepito come un gruppo che porta con sé quei tipici valori dell’americanità, cosa che un’amministrazione come quella Trump potrebbe voler tutelare, soprattutto dopo l’esclusione, da parte di Liberty Media, del gruppo Andretti Global dalla Formula 1.
Ricordiamo che la questione Andretti – Formula 1 era già stata oggetto di discussione presso il Congresso degli Stati Uniti. Alcuni membri, con una lettera indirizzata a Liberty Media Corporation, chiedevano spiegazioni in merito alla mancata approvazione del team Andretti.
La questione divenne più grossa quando intervenne il Presidente della Commissione di Giustizia della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, Jim Jordan. La missiva, redatta da quest’ultimo e indirizzata a Stefano Domenicali (CEO Formula 1) e Greg Maffei (CEO Liberty Media), evidenziava come l’esponente repubblicano non ritenesse valide le spiegazioni fornite da Formula One Group nel bocciare la pratica che la FIA aveva invece accolto.
In particolare, Jordan evidenziava come Liberty Media avesse respinto Andretti sostenendo che un nuovo team avrebbe potuto fornire un valore aggiunto soltanto se fosse stato in grado di competere per podi e vittorie. Un passaggio smentito dal fatto che, attualmente, la maggior parte dei partecipanti al Circus dei gran premi non soddisfa tale requisito.

F1: l’esclusione di Andretti-Cadillac e i problemi di concorrenza negli USA
Sicuramente Trump in queste ore avrà ben altro a cui pensare, così come i membri eletti delle due camere. Ma questa vicenda può rappresentare un punto di svolta, poiché negli Stati Uniti già in precedenza è stata sollevata una questione che mette al centro la libera concorrenza sul suolo americano.
L’atto di Liberty Media viene considerato ostico per la nazione, poiché vieta a un soggetto di poter partecipare a una competizione che, tra l’altro, si sta sempre più espandendo negli Stati Uniti. Sono tre i Gran Premi attualmente in programma in questa zona del pianeta e nessun altro paese può contare su un simile numero di gare. Ci sono addirittura voci che ipotizzano una quarta tappa a Chicago, cosa che aumenterebbe ulteriormente la quota a stelle e strisce nella Formula 1.
Un’amministrazione come quella Trump non vedrebbe di buon occhio il fatto che un soggetto come Andretti (sul fronte sportivo) e che un gruppo industriale come Cadillac radicato nel tessuto economico americano, siano esclusi dalla massima categoria del motorsport con argomentazioni che sembrano poco solide, visto che tutti i parametri tecnici della richiesta federale erano stati soddisfatti.
In questo momento, il gruppo Andretti, che prosegue il suo programma F1 nella sede di Silverstone inaugurata qualche mese fa, potrebbe avere dalla sua un alleato inatteso; un asso da calare nei prossimi tempi quando entreranno nel vivo le contrattazioni per il nuovo Patto della Concordia, quel documento che potrebbe dare il via libera alla presenza di un undicesimo team.
Fino a questo momento le scuderia e la FOM erano compatti nel tutelare un modello a dieci squadre, ma se la politica americana dovesse fare pressioni estreme, allora concetti consolidati potrebbero essere rivisti. Andretti resta alla finestra e spera che il nuovo vento politico possa dargli una mano a vincere la sua battaglia.
Crediti foto: F1, Andretti Global, Formulacritica