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Home Approfondimenti

Alpine F1 gonfia il petto, ma è vera gloria?

Il doppio podio brasiliano di Alpine non riabilita una stagione deludente né valorizza il lavoro svolto fin qui da Flavio Briatore che forse si accaparra meriti non suoi

Diego Catalano by Diego Catalano
5 Novembre 2024
in Approfondimenti, F1, News
Tempo di lettura: 5 minuti
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Alpine F1

Gioia incontenibile in Alpine per il doppio podio di Esteban Ocon e Pierre Gasly nel Gp del Brasile 2024

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Si è tanto celebrato lo straordinario trionfo di Max Verstappen nel Gran Premio del Brasile che ha fatto rivivere sensazioni quasi dimenticate, a volte un po’ offuscate nel passato. Leciti tributi per una gara straordinaria, che però hanno fatto passare in secondo piano un’altra impresa: quella della Alpine F1. Esteban Ocon, che tra poche settimane passerà alla Haas, e Pierre Gasly hanno monopolizzato i gradini più bassi del podio, facendo un bel regalo al team francese che non naviga in acque tranquille.

Senza troppi giri di parole e evitando quella retorica che spesso si affibbia a storie come queste, il risultato ottenuto dalla scuderia di Enstone non è strutturale, ma frutto di una serie di circostanze difficilmente replicabili, considerando l’andamento che la vettura, il team e i piloti hanno avuto in questo 2024.

Naturalmente non si intende sminuire un traguardo che ha consentito un balzo in classifica clamoroso, cosa che porterà soldi e fiducia a una scuderia che ha smarrito se stessa e che da anni è in preda a rivoluzioni compulsive con “tagli di teste” degni della Francia Rivoluzionaria.

Alpine è una squadra in totale ristrutturazione e, per questo motivo, recentemente sono state introdotte due figure che sono solo all’inizio di un cammino che sarà ben più lungo e sicuramente doloroso: Oliver Oakes come team principal e Flavio Briatore come super consulente-organizzatore-consigliere e… nessuno sa quale sia il suo vero ruolo.

Proprio l’ex numero uno della Renault, colui che ricordiamo per i primi trionfi di Michael Schumacher a bordo della Benetton e di Fernando Alonso con il marchio della Losanga bene in vista sul casco, non ha perso tempo: pochi minuti dopo la bandiera a scacchi del Gran Premio di Interlagos si è messo in mostra gonfiando il petto per quanto è stato fatto e per quanto si sta facendo.

Alpine
La sede di Viry Chatillon in cui si producono le power unit di F1 dell’Alpine

Alpine F1: la “pulizia” di Briatore

È facile pensare che quanto accaduto in Brasile sia ascrivibile alla ristrutturazione voluta innanzitutto da Luca De Meo e non di certo da Briatore. Nulla di tutto questo: si fughi immediatamente il campo da ogni genere di congettura in tal senso. Ma il prode Flavio, ai microfoni di Sky, si è lanciato in una sorta di monologo, in cui non si è mai ben capito quale sia il confine tra i propri meriti e quelli attribuibili alla cabala, al fato, alle circostanze, alle congiunture, al momento.

Uno dei punti chiave del ragionamento del dirigente italiano è stato quello della pulizia: “Quest’anno abbiamo fatto la pulizia in casa, la pulizia pasquale“, ha tuonato l’ex geometra cuneese, forse pensando ancora di essere in quel reality show in cui si divertiva a licenziare “poveri cristi”. L’oggetto di queste ripuliture sono gli uomini e le donne impiegati a Viry-Châtillon, nel comparto motori che Renault ha chiuso, creando anche una rilevante questione occupazionale.

Perché è vero che molti di questi verranno riallocati, ma altri probabilmente hanno avuto la necessità di trovare altre sistemazioni. Che vi siano stati tagli è confermato anche da un Briatore soddisfatto di aver proceduto con la scure:

A un certo punto c’erano 1.150 persone; adesso siamo in 850

Trecento teste rimosse nel nome di quello che Briatore definisce lo spirito “racer”.

Un concetto onestamente incomprensibile: secondo il dirigente, produrre motori in casa non è roba da corsaioli. Lo è, invece, acquisire i motori da un’altra realtà, diventando di fatto un assemblatore. Probabilmente è questa la vera vocazione degli uomini di Enstone, che a questo punto tendono ad affrancarsi sempre di più dalla casa madre francese, alimentando quelle voci di vendita di un team che in Formula 1 non riesce più a vincere dalla metà degli anni 2000.

Lo spirito racer a cui allude Briatore è un ibrido, un mix composto da un marchio sportivo della Renault, dalla presenza quasi distaccata e infastidita della Losanga e dai motori Mercedes, che tra poco più di un anno spazzeranno via le paure delle unità prodotte a Viry-Châtillon.

Si tratta ovviamente di scelte strategiche nelle quali non possiamo mettere bocca, ma è certo che questa rimodulazione aziendale non è ascrivibile a Briatore, bensì ai piani ben più alti: sono i vertici del colosso dell’automotive transalpino che hanno deciso di chiudere con la produzione di motori e di ridimensionare un progetto che non ha dato i frutti sperati, ma che ha necessitato di ingenti investimenti non andati a buon fine.

È chiaro che, quando l’impresa non è remunerativa, bisogna procedere a delle modifiche pesanti. E tra queste c’è di sicuro la necessità di ridimensionare i ranghi. Ma appare poco elegante — e non proprio rispettoso — assimilare competenze e forza lavoro a oggetti da buttare nel cestino in una pulizia generale che non veniva fatta da troppo tempo. Questione di dialettica, questione di sensibilità. Non c’è bisogno di mostrarsi sempre duri e cinici: si può operare in una determinata maniera con almeno un po’ di tatto.

Flavio Briatore
Flavio Briatore, super consulente Alpine

Alpine F1: gli effetti della cura Briatore non si vedono

Il Gran Premio del Brasile per Alpine e per gli attuali dirigenti è stato un assist troppo goloso per non essere sfruttato per fare un po’ di propaganda. Briatore, da quando è stato ingaggiato, si ricorda sostanzialmente per due cose: per aver promosso Jack Doohan a fianco di Pierre Gasly per la stagione 2025 e per aver favorito l’arrivo di Oliver Oakes come team principal al posto del povero Bruno Famin, che si è eclissato da gran signore quale è.

Ma, se il buon Flavio ci permette una critica – e la facciamo anche se probabilmente nemmeno ci leggerà -, osserviamo che gli obiettivi minimi definiti al momento del suo arrivo non sono stati centrati. Il target dichiarato su cui si intendeva puntare come pilota di riferimento era Carlos Sainz. Briatore lo ha citato pubblicamente, persino in un collegamento al TG1 nell’edizione serale.

Ma non c’è stato nulla da fare: lo spagnolo ha preferito la Williams, snobbando di fatto il progetto francese e rifiutando le avance di Flavio, che è dovuto ripiegare su un giovane dell’Academy Alpine, che di certo non appartiene a quella nidiata di fenomeni provenienti dalla Formula 2.

Carlos Sainz
Carlos Sainz festeggiando la vittoria con il pubblico del Foro Sol

Altro obiettivo non centrato, ma forse in questo caso la situazione era molto più complessa, è stato quello di ingaggiare un tecnico di alto livello. Il nome di Adrian Newey lo ha fatto lo stesso Briatore. Sappiamo come è finita, anche se non pensiamo potesse essere quello il vero obiettivo. Ma di fatto la casella del direttore tecnico è stata colmata con il nome di David Sanchez, proveniente dalla Ferrari e con un’esperienza non-esperienza in McLaren, ingegnere che tra l’altro ha firmato per Alpine prima che Briatore diventasse una realtà.

Insomma, al di là dei trionfalismi tanto in voga nel nostro paese, la mano di Flavio Briatore nella ristrutturazione dell’Alpine non si vede più di tanto. Il comparto tecnico è stato ristrutturato al ribasso, con molti licenziamenti, decisione peraltro presa dall’alto; il pilota d’esperienza non è stato ingaggiato e si sono chiusi i battenti del comparto motori, cosa che rappresenta un fallimento commerciale nonché ingegneristico da parte di un gruppo che puntava a dominare in Formula 1. Che smacco!

C’è tanta strada da fare per Alpine, e non basteranno di certo quattro chiacchiere dopo una gara semi-trionfale per invertire il corso degli eventi. Serve ben altro per dare una sterzata al progetto Formula 1 del gruppo francese…


Crediti foto: Alpine

Tags: AlpineF1Flavio BriatoreGp Brasile 2024News
Diego Catalano

Diego Catalano

Partenopeo Classe 1977 con formazione nell’ambito delle Relazioni Internazionali. La passione per il motorsport nasce sin dalla prima adolescenza. Proprio questa forte pulsione mi ha portato, negli anni, a volermi cimentare con la narrazione di ciò che circonda la Formula Uno. Ho fatto parte, come fondatore, di diversi progetti editoriali a tema: MotorQube, Fatti di Motori, Undici Metri; esperienze chiusesi ma che mi hanno permesso di approdare in FormulaUnoAnalisiTecnica. Realtà nella quale, per cinque anni, ho ricoperto il ruolo di caporedattore e coordinatore. Nel gennaio del 2024 ho deciso di rimettermi in gioco creando Formulacritica.it, un contenitore plasmato sulle mie necessità espressive che ho voluto impostare su un modo di raccontare il motorsport diverso, votato all’analisi concettuale del fenomeno. In parallelo curo un altro figlio editoriale: PuntoNapoli. A tempo perso pesto sui tamburi e sui piatti di una batteria e provo a dare del tu a un paio di bassi elettrici. Con risultati rivedibili. La musica e il prog-rock sono un’altra ragione di vita. Ne parlo su No Limits Radio nello spazio denominato "Blog To The Edge" del quale esistono proiezioni sui principali social network e su YouTube.

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