Al Gran Premio d’Austria va riconosciuto il merito di aver riacceso il fuoco del dibattito tra appassionati su questioni di pista anziché sul colore dei caschi o sui vari aggiornamenti che, secondo coloro i quali davvero si credono ingegneri mancati, sposterebbero gli equilibri tra team ad ogni Gran Premio tipo “ruota della fortuna”. Detto questo, il vero tema che ha infiammato il post Gran Premio è l’ennesima scorrettezza di Max Verstappen che ha pensato bene di sbattere fuori l’avversario che lo stava superando, compiendo la solita manovra intimidatoria, vietata dal regolamento, che si concretizza nello spostarsi in frenata costringendo l’altro pilota o a desistere o alla collisione.
In tantissimi tra i tifosi dell’olandese si sono affannati a trovare giustificazioni di ogni tipo, e alcuni “giuristi di X” hanno paragonato i fatti di Silverstone 2021 a quelli odierni, quando in realtà le situazioni sono completamente diverse, poiché in Inghilterra l’incidente fu provocato dall’atteggiamento di entrambi i piloti che decisero di tenere giù il piede al di là delle possibili conseguenze.
In quel caso, i 10 secondi di penalità furono inflitti con quelle modalità per una colpa condivisa, pur riconoscendone una parte maggiore al pilota inglese. Qui, invece, parliamo di un gesto deliberato, una manovra troppo aggressiva finita male. I casi sono totalmente diversi.

Max Verstappen: un duro fuori controllo?
Per questo vogliamo crocifiggere Verstappen? Vogliamo negare che questo è il suo modo di correre da sempre? Che i suoi modi da bulletto di periferia in fondo piacciono a molti? Assolutamente no.
La considerazione da fare è che però questo modo di correre non può più essere tollerato, che la storia iniziata nel 2021, quando all’olandese è stato concesso di tutto e di più pur di interrompere il regno di Hamilton (ricordo a chi parla di controlli in ospedale a Silverstone, che a Monza senza l’Halo Lewis forse non sarebbe sopravvissuto alla manovra deliberata di Max e oggi staremmo qui a parlare di altro), ha sdoganato un modo di duellare troppo aggressivo e pericoloso di cui oggi vediamo i risultati.
La discussione non nasce da un singolo episodio, ma da una condotta di gara reiterata da anni e sempre o quasi a discapito degli altri. Chiedere a Vettel dei preziosissimi punti persi mentre era in lotta serrata per il titolo. Il problema sta nel fatto che l’olandese, nelle solite dichiarazioni stereotipate da campione macho a fine gara, confonde la lotta dura per la vittoria con il correre costantemente oltre il limite, provocando incidenti pur di non cedere la posizione.
Comunque, al di là di tutto, saper gestire portando a casa un secondo posto in ottica mondiale non sarebbe una strategia sbagliata perché i campioni veri usano il cervello insieme al piede.
L’ambiente tossico e strafottente del team poi non aiuta certamente, viste le dichiarazioni in cui, giustamente, si difende il proprio pilota. Ma anziché fomentarne l’aggressività, sarebbe il caso di limitarla, perché fin quando riesci ad andare un secondo più forte degli altri, certe dinamiche non emergono. Ma quando i distacchi si riducono, in futuro perdere certi punti potrebbe essere un problema anche per loro.
Staremo a vedere cosa succederà nei prossimi Gran Premi e se la FIA inizierà a capire che continuare a dare carta bianca a questo pilota potrebbe avere conseguenze non piacevoli per tutta la Formula 1.

Sento infine ragazzini nati dopo il 2000 parlare di Senna, Prost o delle scorrettezze che si facevano in pista. Un consiglio fraterno: posate il cellulare e guardatevi qualche VHS dei GP anni ’90 di vostro padre, se ancora ne possiede, perché in quegli anni la F1 era dura ma corretta.
Si vedevano vendette tipo quella Senna – Prost, ma erano regolamenti di conti tra uomini di corse che si facevano in pista anziché sui social e che poi finivano, e si continuava a correre con onore e gran rispetto reciproco. Se potete, fatelo e vedrete che vi si aprirà un mondo.
Crediti foto: F1