La Ferrari SF-25 ha finalmente imboccato il viale dell’oblio eterno, consegnata alla storia non come un capitolo controverso, bensì come un monito. Imbarazzante. È un commiato che non si accompagna a malinconia, né a quel velo di romanticismo che spesso avvolge le monoposto sfortunate. No: questa vettura, ferrigna e recalcitrante, passerà agli annali come uno dei più dolorosi fallimenti della moderna era del Cavallino Rampante. Specie perché era stata venduta come un gioiello abbacinante.
Il verdetto del campionato 2025 è impietoso: quarto posto nel mondiale costruttori, nessuna vittoria in ventiquattro Gran Premi, nessuna fiammata tecnica, nessuna redenzione sportiva. Solo una lunga teoria di occasioni mancate, regressioni inspiegabili e frustrazioni diventate abitudine.
L’unico acuto, se così lo si può definire, è stata la vittoria di Lewis Hamilton nella sprint race del Gran Premio della Cina, episodio che avrebbe potuto rappresentare un’anteprima di rinascita e che invece ha fatto da preludio alla doppia, umiliante squalifica che ha travolto l’intero weekend rosso. Una parabola perfetta della SF-25: illudere un istante, precipitare subito dopo.

Questa monoposto non mancherà a nessuno. Non ai tifosi, che l’hanno osservata arrancare con l’incredulità ferita di chi crede ancora nella grandezza passata. Non ai piloti, destinati a conviverci come si coabita con un ospite sgradito, sopportato per dovere contrattuale. Non agli ingegneri, che ne hanno visto emergere limiti strutturali e concettuali sin dai primi test, come se ogni chilometro percorso non facesse che svelare un nuovo livello di inadeguatezza. La SF-25 è stata un ferro da stiro travestito da monoposto, piatta nelle ambizioni quanto nelle prestazioni, ostinatamente impermeabile a qualunque tentativo di sviluppo.
E soprattutto non mancherà alla Ferrari stessa, che dovrà convivere per sempre con la macchia indelebile lasciata da questa stagione. Perché la SF-25 rappresenta più di un progetto sbagliato: è l’onta imperitura che certifica un fallimento culturale, ancor prima ancora che tecnico. È la dimostrazione lampante di quanto sia fragile il mito quando viene affidato a una vettura incapace di difenderlo. Un simbolo, suo malgrado, della distanza siderale che in questa annata ha separato Maranello dall’eccellenza che pretende di rappresentare.

Chiuderla in un magazzino, spegnere i monitor, sigillare le ultime telemetrie: tutto questo non sarà sufficiente a cancellarne il ricordo. La SF-25 rimarrà come una cicatrice, un promemoria da non rimuovere, affinché il Cavallino Rampante non si illuda più che il semplice peso del proprio blasone possa colmare certe lacune. Adesso, guardare avanti è un obbligo, non una scelta. Ma guardare indietro, almeno per un istante, è necessario: non per rimpiangere ciò che non è stato, bensì per ricordare ciò che non dovrà più essere. Addio SF-25, non mancherai a nessuno.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP
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