Il Gran Premio dell’Azerbaigian ha rappresentato un momento critico nella stagione di Oscar Piastri. Dopo mesi di regolarità quasi chirurgica, il pilota australiano ha mostrato in un solo weekend l’intera gamma di errori che un contendente al titolo non può permettersi. Non un semplice episodio isolato, ma un intreccio di topiche tecniche, nervosismo e imperfezioni in pista che hanno reso evidente un lato vulnerabile di chi fino a ieri sembrava impermeabile alle pressioni.
È la qualifica che ha innescato la spirale. Il primo segnale di fragilità è arrivato in Q3. Piastri, spingendo oltre il limite nella ricerca della pole su pista non perfetta, ha bloccato all’anteriore e ha concluso la sua sessione contro le barriere. Non era il primo ad essere sorpreso da quelle condizioni miste, ma l’episodio ha rappresentato il classico “punto di rottura” di un equilibrio interiore che fino a quel momento era stato saldo. La differenza con Lando Norris, che pur incapace di mettere insieme un giro perfetto ha gestito con più cautela, è stata netta: l’australiano ha scelto la via dell’aggressività totale, trovandosi però imprigionato da un margine di errore inesistente. Da lì in avanti, tutto si è complicato.
Per il gran premio, Piastri partiva così dalla nona casella. Nulla di proibitivo, specie a Baku, dove la scia del lunghissimo rettilineo iniziale consente spesso recuperi importanti. Il dettaglio che ha rovinato la gara si è consumato in un istante: il rilascio anticipato della frizione. Un gesto quasi impercettibile, frutto forse della tensione o di un micro-errore di tempismo, ha generato un jump start che lo ha messo subito in condizione di inseguire.

La sequenza successiva è stata una catena di errori concatenati: anti-stallo attivato, giri motore calati, panico nel cercare di ripristinare la procedura. Nel tentativo di correggere, Piastri ha peggiorato la situazione, restando immobile quel tanto che basta per precipitare in fondo al gruppo. Una condizione psicologica difficile da gestire, soprattutto sapendo che si sta giocando punti pesantissimi in ottica mondiale.
La frenata, punto debole di un intero weekend
L’elemento tecnico che ha contraddistinto il fine settimana di Piastri è stato senza dubbio la gestione della frenata. A differenza di Norris, che ha impostato il weekend su un approccio più conservativo, l’australiano ha costantemente spinto i limiti in ingresso curva. La ricerca della massima velocità di inserimento lo ha però esposto a un rischio enorme su un circuito cittadino come Baku, che punisce severamente chi osa dieci sul pedale del freno.
La dinamica dell’incidente con Esteban Ocon in curva 5 è l’emblema di questa tendenza. Con carburante pesante e nel traffico, Piastri ha cercato uno spazio che non esisteva, frenando troppo tardi su una porzione di pista meno gommata e ancora polverosa. Nico Hülkenberg, davanti a lui, ma è riuscito a salvarsi con più margine. Piastri invece, già in lotta con un equilibrio precario, ha trovato la barriera. Una dinamica quasi inevitabile.
Piastri “tenuto a galla” da un Norris molle
Se il bilancio del weekend di Piastri è stato pesante, non è che Norris e McLaren abbiano brillato. L’inglese ha pagato caro il posizionamento in pista durante l’ultimo tentativo di qualifica, trovandosi con una traiettoria meno gommata e senza possibilità di replicare i tempi migliori. In gara, poi, la sua partenza è stata cauta, la ripartenza dopo Safety Car ancora più lenta e il pit stop – per colpe non sue – nuovamente deficitario rispetto agli standard dei top team.
Tuttavia, la differenza chiave tra i due compagni è stata nell’approccio al rischio. Norris, pur sacrificando qualche decimo, ha mantenuto il controllo della situazione senza errori grossolani. Piastri invece, sentendo il confronto interno e la necessità di rispondere, ha scelto la strada più pericolosa: frenate al limite, ingressi aggressivi, costante ricerca di quel decimo che poteva cambiare la percezione del weekend. Un approccio che, in un contesto cittadino, ha moltiplicato le possibilità di errore.

La questione è ora la seguente: il weekend azero rappresenta una semplice parentesi o un segnale di qualcosa di più profondo? Fino a Baku, Piastri aveva costruito la sua stagione su una solidità mentale sorprendente, quasi glaciale per un pilota al secondo anno in Formula 1. Ma un contendente al titolo, quando si trova con i riflettori puntati e un intero campionato da gestire, scopre spesso fragilità inattese.
Il salto di partenza, errore di natura elementare, racconta forse meglio di qualsiasi grafico la pressione che comincia a pesare sulle spalle dell’australiano. Non è un gesto tecnico complesso che si è rivelato fallace, ma la gestione di un dettaglio che si ripete migliaia di volte in simulazione e routine. È lì che emergono i nervi, non nella ricerca di un tempo record.
Il prossimo appuntamento non offrirà tregua. Singapore (leggi qui il programma completo), con il suo layout tortuoso e il caldo soffocante, è storicamente un circuito che mette alla prova concentrazione e resistenza mentale. Dopo un weekend come quello di Baku, la pressione per Piastri sarà doppia: dimostrare che l’Azerbaijan è stato un incidente isolato e non l’inizio di una tendenza.
La McLaren dovrà lavorare sul fronte dell’assetto per restituirgli fiducia in frenata, mentre il pilota dovrà ritrovare la calma che lo ha contraddistinto fino a questo momento. La sfida è aperta, e il margine di errore si restringe man mano che la stagione avanza verso il suo epilogo. E con un Max Verstappen ancora nei giochi, tornato in auge con una ritrovata RB21, la pressione da reggere sarà ancora più elevata.
Crediti foto: McLaren F1
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