Quando non hai cavalcato il sensazionalismo post monegasco è molto semplice non seguire il catastrofismo che scaturisce da un risultato sportivamente disastroso. Sì, perché nel Gp del Canada della Ferrari non ha funzionato proprio nulla. E non sia da attenuante il problema alla power unit della vettura di Charles Leclerc – che pure pesa – o i danni al fondo alla SF-24 di Carlos Sainz.
Le “Rosse”, a Montreal, non ne avevano. Punto. Oggi è il giorno delle analisi. I soliti noti, quelli che hanno martellato per due settimane con approfondimenti infarciti di termini tecnici anglosassoni, quelli che si divertono con le telemetrie e che propinano principi che quasi pretendono di riscrivere le leggi della fisica (e della decenza giornalistica), ora si affannano a ritrattare e a spiegare, con concetti di scienza tutti loro, cosa sia andato sui cordoli che tanto amici non erano del tracciato intitolato a Gilles Villeneuve.
Ne leggevo un qualcuno, un paio di giorni fa, prevedere pole e vittorie anche col bagnato. Ciò fino a sabato mattina. Poi la mezza ritrattazione della domenica: le qualifiche e la notte avevano portato consiglio, forse.
Se ne staranno ora rintanati a capire come giustificare la loro figuraccia interpretativa prima di dirci cosa è andato storto sulla rossa monoposto. Anche perché non sono in grado di spiegarcelo considerando preconizzazioni lunari che oggi fanno ridere visto come sono andate le cose.
Ferrari SF-24: non un diamante dopo Monaco, non una ceramica rotta dopo Montreal
Chi ha evitato voli pindarici, si diceva, ha oggi la possibilità di non lasciarsi trasportare dall’isteria collettiva che ha attanagliato la “umma rossa” già dopo i primi passaggi di un tormentato Gran Premio del Canada. I valori in Formula Uno si sono compattati, la Red Bull non è più quell’astronave venuta da mondi lontani e tecnologicamente più progrediti.
No, sembra una vettura “normale” guidata da un pilota straordinario e supportata da un team che fa le cose per bene e che non permette a un conducente di montare gomme da asciutto sotto la pioggia, nel più sbilenco e controproducente degli “o la va o la spacca”.
Compensare una power unit in deficit di potenza con una mossa risibile è quello che ha fatto il muretto con l’assist di Leclerc. Questa roba signore e signori, a Milton Keynes non la vedete. Mai. È un fatto. E questo dice tante cose. La più importante è che la Ferrari deve ancora macinare chilometri per diventare il punto di riferimento. Probabilmente altre gare vincerà da qui fino alla fine dell’anno, ma forse sarà costretta a conoscere altri giorni meno fortunati, per così dire.
Scrivere una banalità come quella che avete appena letto non porta comodo consenso, ma fotografa i fatti per quelli che sono. Nella spasmodica ricerca del click e di un “elettorato” che foraggia il meccanismo, alcune testate hanno smarrito la loro missione. Ecco che non si spiegano gli andamenti concreti ma si raccontano le cose che i tifosi, umorali e appassionati per definizione e costituzione, vogliono leggere per stimolare la sensazione del momento. Cosa che lubrifica gli ingranaggi del flusso di denaro.
Dopo Monaco ha vinto il trionfalismo, oggi si cavalca il disfattismo. Canada è stata una gara storta, la Ferrari non ci ha capito un tubo. Capita. Successe anche alla Red Bull, nella stagione delle 21 vittorie su 22, di perdere senno e bussola in quel di Singapore.
La SF-24 non era un mezzo spaziale, non è diventata un paracarro oggi. È una monoposto che sta nel “mischione” di testa con i suoi pregi e con qualche difetto che si evidenzia quando le temperature sono relativamente basse. Il contrario di quanto, ad esempio, capita con la Mercedes W15 che sembra rinascere quando il termometro punta al fresco.
Misura. Questo servirebbe per spiegare certi fenomeni, per raccontare le cose del mondo e, nel nostro piccolo, quelle che si riferiscono alla Formula Uno. Montreal è una lezione per la Ferrari che ha capito di non essere arrivata e che ha del lavoro da fare nelle strategie, nella gestione dei momenti critici e sul fronte tecnico. Il Canada rappresenta una lezione per chi ritiene che i fatti siano un dettaglio marginale. E che possano essere usati e stravolti per i propri interessi commerciali.
La Formula Uno si avvia a una settimana di pausa. Non dormiranno nei reparti corsa perché il Circus va incontro a un triple header che molto dirà sui valori in campo e su come questo Mondiale 2024 si orienterà: il campionato, dopo Spagna, Austria e Inghilterra, sarà definitivamente delineato. Ferrari vuole dimostrare di essere ciò che è stata prima di Montreal. Senza però ritenersi il soggetto da battere come qualcuno l’ha raccontata.
Crediti foto: Scuderia Ferrari