24h Le Mans: analisi delle prestazioni della classe Hypercar – Pt 2

24H Le Mans – Dopo aver esaminato come si sono comportati i team di testa durante le 24 ore di corsa, ora andiamo a fare un punto della situazione su tutto il resto dello schieramento.

Iniziamo dalla Cadillac. La squadra americana arriva alla vigilia della grande classica con grandi ambizioni. Le dichiarazioni del team erano tutte rivolte nel sottolineare la loro volontà di migliorare il podio del 2023 e di puntare alla vittoria.

Aiutati da un Bop favorevole, che gli attribuiva il peso minimo più basso del lotto delle hypercar, forti della partecipazione di due auto aggiuntive alla sola Cadillac numero 2 (regolarmente schierata nel campionato Wec), sembravano esserci tutti i presupposti per vedere gli americani grandi protagonisti della 24 ore di Le Mans.

Invece i risultati arrivati sono stati leggermente al di sotto delle aspettative. Come per Porsche, Cadillac tra qualifica ed hyperpole aveva dato l’impressione di essere una squadra in forma, pronta a dare battaglia per le posizioni alte della classifica. Era uscita dalla qualifica portando ben due auto su tre a disputare L’hyperpole, e fino al giro magico di Estre sulla Porsche numero 6, le Cadillac monopolizzavano la prima fila. 

La gara invece non è proprio girata per il verso giusto. La numero 2 ha avuto una partenza ad handicap a causa della penalizzazione avuta sulla griglia di cinque posizioni per l’incidente a Spa che ha causato la bandiera rossa. La gialla numero 3 si è dovuta arrendere dopo aver riscontrato una perdita di olio dal fondo e la numero 311 è riuscita sì a finire la gara, ma molto attardata a causa di un incidente che gli è costato molte ore di riparazione ai box.

Alla fine il miglior risultato ottenuto è il settimo posto della Cadillac titolare, la numero 2. Vale un pò il discorso fatto per Porsche: al di là dei problemi non sono mai realmente sembrati in grado di competere con Ferrari sull’asciutto e con Toyota sul bagnato. 

24H Le Mans

Passiamo alle due squadre di casa, le francesi Alpine e Peugeot. La prima, beneficiaria di una riduzione di peso e di un aumento della potenza al di sopra dei 250 km/h, dopo un debutto nel mondiale Endurance privo di acuti prestazionali, hanno iniziato positivamente il lungo week end di gara, mostrando progressi prestazionali interessanti. Già dai test si sono affacciate regolarmente nei pressi del gruppone di testa, dando l’impressione di poter battagliare per contendersi un posto tra le prime dieci della classe e guidare il gruppo del midfield.

Anche durante le qualifiche l’auto francese si è comportata molto bene piazzando la numero 5 in quinta posizione consentendogli di entrare tra le otto squadre che avrebbero disputato l’hyperpole. Chiudendo quest’ultima sessione in sesta posizione subito a ridosso delle due Ferrari 499p ufficiali e piazzando la seconda auto in decima posizione. Fin qua un’ottima prestazione. La gara purtroppo le ha viste protagoniste in negativo, chiudendo anzitempo la loro 24 ore per due problemi al propulsore Mecachrome che le hanno costrette al ritiro.

Peugeot. L’oggetto misterioso di quest’anno. Una macchina profondamente rivista rispetto alla versione senza ali del 2023. Il cambio di veste avrebbe dovuto aiutare Peugeot nel conformarsi alle caratteristiche tecniche delle altre hypercar, per non dover usufruire di un Bop eccessivamente favorevole, potendosi confrontare ad armi pari. Ma la realtà di questa nuova versione della 9×8 è stata ben diversa dalle aspettative.

A Imola e Spa avevano la scusante di un BoP parecchio castrante, risultando essere l’auto più pesante del lotto. Ma a Le Mans ci si aspettava un deciso cambio di passo, vista anche la notevole riduzione di peso attribuitagli dal nuovo Bop dedicato (-18 kg) alla classicissima francese.

Crediti foto: Luca Cappelli

Nonostante questo, le prestazioni non sono arrivate, segno evidente che il problema non risiede nel Bop, come si pensava ad Imola, ma ci sono problemi molto più profondi legati proprio alla capacità di far funzionare l’auto francese. Sono stati sempre lontani sia dal gruppo di testa, ma anche dal midfield, sembrando anche in difficoltà rispetto a squadre debuttanti come Lamborghini e alla cugina Alpine.

Qualificate in sedicesima e ventunesima posizione concludono la gara in undicesima e dodicesima posizione, piazzandosi tra le due lamborghini Lmdh. Per una squadra che è entrata nel programma hypercar già da due anni, e che vanta una squadra di tecnici di tutto rispetto e di assoluta esperienza, il bilancio è magrissimo.

Da quanto si vocifera i piani alti di Peugeot non sono molto contenti visto che chiedono risultati ed anche alla svelta, ma onestamente al momento sembrano molto lontani dal poter andare ad impensierire i team di testa. Per la sua storia e per le capacità tecniche all’interno del team francese si spera di vederli presto uscire da questa impasse prestazionale.

Passiamo ora alla BMW del team Wrt. È sembrata essere molto a suo agio sul circuito de la Sarthe, capace di far molto bene nella sessione di qualifiche ufficiali piazzando addirittura la numero 15 con Dries Vanthoor in prima posizione. Purtroppo al di fuori di questo lampo, il week end della casa tedesca è stato falcidiato dagli errori. Decisamente troppi. Iniziando proprio dalla numero 15 sempre con Dries Vanthoor che nelle fasi iniziali dell’hyperpole, nel giro push, sbaglia andando fuori causando la bandiera rossa che poi segnerà il corso della sessione.

In gara le cose non sono andate meglio. La numero 15 è rimasta coinvolta nell’incidente con Robert Kubica, cosa che l’ha costretta al ritiro. Collisione causata da un chiaro errore del polacco in fase di doppiaggio, ma con un evidente concorso di colpa di Vanthoor che nel tentativo di non farsi doppiare dalla gialla di AF Corse, in quel momento leader della corsa, ignora le bandiere blu, e poco prima della toccata taglia anche una chicane.

La numero 20 invece nelle fasi umide della pista, a causa di un errore si gira e tocca le barriere, costringendo il team ad una lunghissima riparazione ai box, riuscendo poi finalmente ad uscire e completare la gara ma con 215 giri di gap ed in ultimissima posizione. Anche per loro un bilancio molto magro. 

Crediti foto: Luca Cappelli

Per finire analizziamo le due debuttanti italiane, la Lamborghini e la Isotta Fraschini. L’obiettivo dichiarato per entrambi i team, era di arrivare in fondo e fare esperienza ed è stato perfettamente centrato. Lamborghini  per l’occasione ha portato in pista la seconda auto che prende parte al campionato IMSA, schierando due equipaggi di tutto rispetto. È riuscita a ben figurare con una gara pulita, con spunti interessanti dal punto di vista prestazionale, lasciando intravedere del potenziale.

Alla fine sono riusciti a concludere senza particolari problemi meccanici, finendo a soli due giri dai leader cogliendo una preziosa top ten con la numero 63, tenendosi dietro le due Peugeot 9×8. Un risultato di tutto rispetto, che fa ben sperare per il futuro.

Nota di merito per il team Isotta Fraschini. Senza i budget faraonici delle grandi case, con un equipaggio formato da piloti giovanissimi, Carl Wattana Bennet e Antonio Serravalle, è riuscita al debutto a finire la corsa piazzando l’auto in quattordicesima posizione assoluta, ad un soffio dalla conquista dei primi punti del mondiale Endurance. Un’impresa fantastica, festeggiata come una vittoria dal team nella corsia box all’arrivo della 24 ore. Il sogno di tutti è che questo possa essere stato un favoloso punto di inizio per la squadra milanese.

Exit mobile version